UN PROGRAMMA AMBIZIOSO (E PRUDENTE)
Solo un Paese rivolto all’indietro poteva l’anno scorso vedere nella bomba di Brindisi lo spettro della strage di Capaci, negli spari dell’altro ieri un ritorno agli Anni 70, e ora nell’insediamento del governo la riesumazione della Dc. Enrico Letta ha presentato alla Camera un Paese proiettato in avanti, disposto non a dimenticare ma ad accantonare le divisioni degli ultimi vent’anni, concentrato sui «giovani» — la parola più pronunciata: 15 volte — e imperniato su un nuovo centro: ovviamente non lo schieramento sconfitto alle elezioni, ma il luogo da dove si governa l’Italia e da dove oggi se ne può affrontare la crisi. Letta ha declinato il primo discorso da premier al futuro; un futuro che non è necessariamente peggiore del presente, che non coincide con la sorte, che dipende soprattutto da noi. Ha riconosciuto i meriti di Monti nel riportare sotto controllo il bilancio pubblico; ma ha puntato sul cambiamento, la discontinuità, l'innovazione. Ha evitato certo temi scottanti per l’alleanza che lo sostiene (giustizia, conflitto d’interessi); però ha promesso di parlare il «linguaggio sovversivo della verità». Senza negare il dramma della disoccupazione, ma puntando sulla fiducia, sulla possibilità di liberare energie, sul potenziale dell’Italia in un mondo in cui «molti vogliono bagnarsi nei nostri mari, visitare le nostre città, mangiare e vestire italiano».