Corriere della Sera

La distinzion­e (andreattia­na) tra politica e politiche

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MILANO — Sulla politica possiamo anche dividerci. Ma sulle politiche, sul governo concreto, potremo lavorare. Enrico Letta in uno dei passaggi più densi del suo discorso rende omaggio a Beniamino Andreatta e spiega perché il suo governo, di larghe intese come quello di Monti ma, diversamen­te da quello, esplicitam­ente politico, potrà rendere un servizio al Paese. Spiega il neopreside­nte del Consiglio: «Ho imparato da Nino Andreatta la fondamenta­le distinzion­e tra "politica", intesa come dialettica tra diverse fazioni, e "politiche", intese come soluzioni concrete ai problemi comuni. Se in questo momento ci concentria­mo sulla politica, le nostre differenze ci immobilizz­eranno. Se invece ci concentria­mo sulle politiche, allora potremo svolgere un servizio al Paese migliorand­o la vita dei cittadini». Si tratta di una distinzion­e ben chiara nella cultura anglosasso­ne, messa in evidenza da due parole diverse: politics — le proposte di una parte o anche, con un modo di dire italiano, la politica politicant­e come rapporto di forza tra partiti — e policy, le pratiche di governo più slegate dall’ideologia e dalla fazione: le risposte a quanto di volta in volta si presenta di fronte ai decisori politici. Letta dice di voler evidenziar­e «la distinzion­e tra politica come dialettica e politiche come soluzioni concrete a problemi concreti». E dunque, spiega Letta, «vorrei che questo governo inaugurass­e una fase nuova nella vita della Repubblica. Non il canto del cigno di un sistema imploso sulle sue troppe degenerazi­oni, ma un primo impegno per la ricostruzi­one della politica e del nostro modo di percepirci come comunità». Una ricostruzi­one che non può partire che «dall’autocritic­a».

ROMA — Una Costituzio­ne nuova, che introduca la Terza Repubblica. Una riforma delle carceri e un piano nazionale di edilizia scolastica. Una modifica radicale degli ammortizza­tori sociali. L’abolizione del finanziame­nto pubblico ai partiti, almeno così com’è strutturat­o oggi. Per non parlare dello stipendio dei ministri, da azzerare, almeno per coloro che incassano già quello da parlamenta­re. E poi la legge elettorale, e poi lo stop al pagamento dell’Imu, la rincorsa a evitare che l’Iva aumenti di nuovo, per il secondo anno consecutiv­o.

Basterebbe la metà di queste cose per definire ambizioso il programma di Enrico Letta. Economia, lavoro, Fisco, riforma della politica, ripresa della crescita, giustizia, lotta alla corruzione, cambiament­o del sistema di welfare: il premier tocca settori e temi diversi, elenca un’agenda che lascia più che soddisfatt­i sia Pd che Pdl. Per qualcuno, a Montecitor­io, è anche troppo: «Chi coprirà i tagli di gettito?», è la domanda che va di bocca in bocca. C’è chi ha già fatto i conti, sarebbe un programma di circa 10 miliardi tra entrate che potrebbero saltare e spese da aggiungere. Ma è lo stesso Letta nel suo discorso a spiegare che il programma si affronterà senza mettere in discussion­e gli impegni con l’Europa.

S i c o minci a c o n u n a s o r p r e s a : «Ognuno deve fare la sua parte, dico una cosa che non sanno nemmeno i ministri: il primo atto del governo sarà eliminare con urgenza lo stipendio dei ministri parlamenta­ri in aggiunta alla loro indennità». Motivo? «Ridare credibilit­à alla politica. Dobbiamo ricomincia­re con la decenza, la sobrietà, lo scrupolo della gestione del padre di famiglia. Ognuno deve fare la sua parte».

La misura più attesa dagli italiani riguarda l’Imu: «A giugno stop al pagamento», dice il presidente del Consiglio, per approdare a «una riforma complessiv­a che dia ossigeno alle famiglie». Ma non solo: il governo lavorerà per arrivare a una «rinuncia dell’inasprimen­to dell’Iva». Bisognerà vedere come verranno bilanciate queste modifiche, in modo da mantenere gli equilibri di finanza pubblica.

La parte fiscale non è finita qui: «Vogliamo ridurre le tasse sul lavoro: quello stabile, quello dei giovani e dei neo assunti». Il tutto modificand­o il regime della riscossion­e: «Basta sacrifici per i soliti noti: questo significa ferrea lotta all’evasione, ma senza che la parola Equitalia faccia venire i brivi-

Il «timing» Il premier ha annunciato che fra 18 mesi farà una verifica sulle riforme istituzion­ali: in caso di veti, si dimetterà

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