Corriere della Sera

Il nuovo governo Pd, dissidenti in ritirata Ma Civati non vota e un deputato lascia

A Franceschi­ni cabina di regia anti defezioni

- Monica Guerzoni

ROMA — I dissidenti del Pd hanno innescato la retromarci­a e a gridare contro il governo Letta ne è rimasto uno soltanto. Pippo Civati, che aveva parlato di «una cinquantin­a» di parlamenta­ri pronti a non votare la fiducia, è uscito dall’Aula come segno di «disagio» verso il programma «vago, ambizioso e fragile» del premier. «A Palazzo Madama ci saranno altri che faranno la mia scelta...», prevede Civati.

I gruppi parlamenta­ri tengono, le defezioni sono casi isolati e Bersani è sollevato: «Bene, ora bisogna lavorare e dare una mano». Ma Enrico Letta vuole che il governo duri e non sottovalut­erà i segnali di sofferenza che arrivano dal suo partito, come dal Pdl e da Scelta civica. Il presidente del Consiglio ha un piano per impedire alla maggioranz­a tripartita di sfaldarsi alle prime prove parlamenta­ri. «Come la finanziamo la cancellazi­one dell’Imu? Con ulteriori tagli? Con i ticket? Attenzione — ha ammonito Stefano Fassina —, siamo davvero vicini a un livello di rottura...». Tensioni trattenute, che potrebbero esplodere. Ecco perché Letta ha affidato a Dario Franceschi­ni i Rapporti con il Parlamento e il coordiname­nto dell’attività di governo. Quel che il premier ha in mente è una inedita cabina di regia che assicuri la tenuta dei partiti, scongiuran­do strappi e fronde antigovern­ative. «Luoghi permanenti di codecision­e tra il governo e le forze politiche», ha detto a Montecitor­io, appellando­si alla «responsabi­lità dei partiti e dei movimenti» e rimettendo al centro il ruolo del Parlamento dopo la parentesi dell’esecutivo Monti. La novità è che, sui provvedime­nti cruciali, Letta parteciper­à in prima

Fassina e la rottura «Come la finanziamo la cancellazi­one dell’Imu? Attenzione, siamo vicini a un livello di rottura»

persona alle riunioni della cabina di regia, coordinata da Franceschi­ni. «Dario sarà il premier in Parlamento...», prevede un dirigente del Pd. Dell’organismo, ancora tutto da costruire, faranno parte i segretari e i capigruppo dei tre principali azionisti del governo, Pd, Pdl e Scelta civica.

Il partito di Mario Monti è ben rappresent­ato quanto a ministri, ma l’area di Italia Futura è scontenta. Nel Pdl Michela Vittoria Brambilla assicura che «è il momento della responsabi­lità», eppure il malessere è evidente. «Questa ammucchiat­a da giovane dc con profeti, vangeli e messaggi biblici è indigeribi­le», si sfoga un deputato berlusconi­ano. E quando Letta chiude paragonand­osi a Davide contro Golia, Carfagna e Gelmini si voltano verso Brunetta per chiedergli se debbano alzarsi in piedi. «No, applaudite sedute», le rimbrotta il capogruppo.

Più evidenti i maldipanci­a nel Pd. Sandra Zampa attacca Letta via Twitter. Il deputato Da- Piccolo «incidente» di percorso per Cécile Kyenge, ministro per l’Integrazio­ne, mentre ieri stava per entrare a Montecitor­io: ha perso una scarpa, quella destra. Ma l’imprevisto si è risolto con un sorriso ( foto Paolo Rizzo) vide Mattiello non vota la fiducia e in serata annuncia le dimissioni dal gruppo. Il senatore Walter Tocci darà il via libera nonostante «la catena di errori del Pd» e Lucrezia Ricchiuti lascerà l’Aula. Matteo Orfini rispetta la linea e resta «contrario alle larghe intese». Rosy Bindi ha votato sì, però manterrà «i dubbi sul governo e sull’operazione politica» che lo sostiene. Gianni Cuperlo è tormentato: «Stiamo per fare un governo con i nostri avversari, cosa che ci eravamo impegnati a non fare».

Il caso Mattiello Il parlamenta­re: vado via dal gruppo. Bindi in Aula: dubbi sul governo e sull’operazione politica

L’assemblea nazionale slitta all’11 maggio e solo allora il Pd eleggerà un reggente. «Vedo che il mio nome corre, ma non c’è ancora nulla» frena Guglielmo Epifani. L’ex leader cgil è s t a t o mol t o a p p l a u d i t o d a l g r u p p o , ma Be r s a ni non l o avrebbe incoraggia­to e gli ex ds preferireb­bero puntare su Anna Finocchiar­o. E ora, anche per non intralciar­e Letta, c’è chi pensa di cambiare lo Statuto, per separare il ruolo del segretario da quello del candidato premier.

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