UNA PICCOLA GUERRA AMERICANA LA CONQUISTA DI GRENADA
gere gli studenti furono i due argomenti di cui Ronald Reagan, allora presidente degli Stati Uniti, si servì per giustificare l’invasione. Washington si fece autorizzare dall’Organizzazione degli Stati americani, inserì nel proprio corpo di spedizione un simbolico contingente di forze provenienti da altri minuscoli Stati dei Caraibi e montò frettolosamente un’operazione che ricorda l’invasione sovietica della Cecoslovacchia nell’agosto del 1968.
Se non vi fossero state vittime (più di cento morti fra militari e civili) la guerra di Grenada sarebbe ricordata soprattut- to per gli errori e le distrazioni dei suoi organizzatori. Sembra che le mappe distribuite al corpo di spedizione fossero vecchie carte turistiche dell’isola e che qualche reparto, nel corso delle operazioni, abbia perduto la strada. La conquista di Grenada piacque comunque all’opinione pubblica americana ed ebbe per la presidenza Reagan un risultato positivo: quello di distrarre l’attenzione dal micidiale attentato terroristico organizzato a Beirut due giorni prima. Il 23 ottobre, all’alba, un camion carico di esplosivi aveva travolto le barriere del campo in cui i marines americani, inviati in Libano insieme a truppe francesi e italiane per separare i contendenti della guerra civile, si erano installati. I morti furono 241 e indussero Reagan a ritirare, qualche mese dopo, sono generazioni sfortunate e molto povere. il corpo di spedizione.
La vicenda non piacque invece all’opposizione democratica nel Congresso, a molti Paesi dell’America Latina, all’Onu e soprattutto alla Gran Bretagna. Grenada, come sappiamo, era membro del Commonwealth e il suo capo di Stato (rappresentato a Saint George da un governatore generale) era la Regina Elisabetta. Margaret Thatcher, allora Primo ministro, ebbe a quanto pare un moto di stizza. Ma Reagan avrebbe potuto ricordarle che anche la Gran Bretagna, nel marzo dell’anno precedente, aveva fatto una guerra per la riconquista delle Falkland senza attendere il permesso dei propri alleati. In queste faccende sono rari i Paesi che non abbiano uno scheletro nell’armadio.