Ci sarà più flessibilità nell’età del ritiro L’anticipo di 3-4 anni
Si pensava che la riforma delle pensioni Fornero sarebbe stata l’ultima e definitiva correzione del sistema, quella che ha messo in sicurezza i conti una volta per tutte, al prezzo di un forte e improvviso innalzamento dell’età pensionabile. E invece no. La riforma sarà corretta. E nemmeno in modo marginale, stando al discorso programmatico di Enrico Letta. Il presidente del Consiglio, infatti, non solo ha annunciato una «soluzione strutturale» della questione degli esodati, ma ha prefigurato una flessibilizzazione delle nuove età di pensionamento, iscrivendo il tutto all’interno di una riforma «radicale» del nostro welfare. E sempre restando alla previdenza ha parlato di un sistema di «staffetta generazionale»: lavoratori anziani incentivati a passare al part time con la parallela assunzione di giovani sempre a part time. Un meccanismo che la stessa Fornero voleva introdurre e sul quale c’è un «largo consenso parlamentare».
Anche il problema degli esodati, cioè quei lavoratori che rischiano di trovarsi senza stipendio e senza pensione dopo la riforma Fornero, potrebbe essere risolto puntando sulla flessibilità, in particolare sulla possibilità di un pensionamento anticipato. Letta ne ha parlato come di un’esigenza generale, «per evitare il formarsi di bacini estesi di lavoratori anziani» che vengono espulsi dalle aziende e per i quali è «difficile la ricollocazione al lavoro». Meglio, allora aprire la possibilità a «forme circoscritte di gradualizzazione del pensionamento, come l’accesso con 3-4 anni di anticipo al pensionamento con una penalizzazione proporzionale». Oggi la riforma Fornero prevede questa possibilità solo per chi va in pensione di anzianità (servono 42 anni e 5 mesi per gli uomini e 41 anni e 5 mesi per le donne) prima di 62 anni: scatta un taglio dell’1% dell’importo della pensione per ogni anno di anticipo, percentuale che sale al 2% per ogni anno di anticipo che supera i due anni (se uno lascia il lavoro a 57 anni, per esempio, il taglio è dell’8%). Significa forse che meccanismi simili potrebbero essere estesi anche agli altri requisiti? Per esempio gli anni di contributi richiesti oppure il minimo per l’età di vecchiaia, oggi di 66 anni e 3 mesi (62 anni e 3 mesi per le donne del privato)? Aprire altre finestre «circoscritte» al pensionamento anticipato, sia pure penalizzato, risolverebbe di per sé il problema di molti esodati.
Ma in Parlamento ci sono anche proposte di legge specifiche, come quella presentata dal Pd, primi firmatari Cesare Damiano e Maria Luisa Gnecchi, che puntano ad allargare le maglie dei decreti interministeriali del governo Monti che hanno già consentito a 140 mila esodati di andare in pensione con le vecchie regole. In questo modo si darebbe una risposta ai potenziali esodati, che nessuno sa bene quanti siano. Il problema è che per la salvaguardia dei 140 mila sono già stati stanziati ben 9 miliardi. E ieri l’ex parlamentare del Pdl, Giuliano Cazzola, ha ricordato che la Ragioneria dello Stato aveva bloccato l’estensione della platea temendo una spesa aggiuntiva di 14-15 miliardi.