L’aggancio all’europa e i dossier India e Brasile
Enrico Letta ha tracciato in Parlamento il perimetro entro il quale intende concentrare gli sforzi in politica estera, ma sarà la prova dei fatti a indicare se e come i suoi obiettivi per il Paese saranno realizzabili. Occorrerà vedere se il corpaccione e il senso comune prevalente della maggioranza Pd-Pdl-Scelta civica saranno in grado di stare al passo con i propositi del presidente del Consiglio.
Nelle comunicazioni di Letta alle Camere, il perimetro lo si può individuare in queste parole: «L’Italia è saldamente collocata nel campo occidentale», però deve puntare a «un ruolo di ponte tra l’Occidente e le nuove potenze emergenti». Collocazione e orientamento hanno come presupposto il sano europeismo che spinge l’allievo di Nino Andreatta a cominciare da Bruxelles, Berlino e Parigi le sue visite oltre confine in modo di confermare la permanenza del nostro Paese nella scia già consolidata da Giorgio Napolitano e Mario Monti ed evitare ogni impressione di possibili scivolamenti verso velleitari populismi isolazionisti. Se non si recupera una spinta per l’integrazione tra gli Stati dell’Unione, ha fatto notare Letta, il costo di «non Europa» e «mancata integrazione» saranno «insostenibili».
Vero. Un problema, però, è che le Aule nelle quali il nuovo capo del governo ha esposto i suoi desideri di «Stati Uniti d’Europa» ed «elezione diretta del presidente della Commissione» sono quelle, per un prevalere di bassi interessi e scarsa lungimiranza, risultate incapaci nella scorsa legislatura di riformare una pessima legge elettorale nazionale comu- nemente chiamata «Porcellum». Agli applausi tributati al presidente del Consiglio dovrebbe seguire perciò una sintonizzazione delle nuove leve della politica, e di tutte, sugli orizzonti europei rinunciando all’abitudine in base alla quale per la prima parte della legislatura passata l’Europa è stata contradditoriamente disprezzata (ci detta regole, ci tassa, ci imbriglia), evocata come entità tenuta a prescriverci risanamenti (esonerando da ciò il governo), invocata come salvatrice (dalla crisi, per le frontiere, su tutto).
Gli esami saranno su questo, e su come sviluppare relazioni proficue con Paesi come India e Brasile senza restringere gli interi rapporti ai casi dei marò e del terrorista Battisti, a come conciliare la tutela della salute a Niscemi con l’esigenza di non risultare inaffidabili per gli Usa che dal 2005 vogliono lì un sistema per far comunicare i loro e i nostri soldati. Per esempio.