Corriere della Sera

Il nuovo governo Il Cavaliere tiene a bada il partito e si candida a capo della Convenzion­e

Manovre di avviciname­nto ai centristi. Monti: non è più tabù

- Paola Di Caro

ROMA — È andato di persona Silvio Berlusconi a parlare al suo gruppo della Camera, prima del dibattito sulla fiducia, per rassicurar­e, per tenere alto un morale che molti hanno veramente giù. Perché la scelta delle larghe intese — per un partito che sentiva di avere la vittoria in tasca in caso di voto, un partito di fedelissim­i e parecchi pasdaran che non si sente rappresent­ato al governo da una pattuglia considerat­a troppo moderata, una pericolosa «nuova Dc in nuce» — è dura da digerire. E solo se l’operazione se la intesta direttamen­te il Cavaliere può essere seguita, portunità per se stesso e per il suo partito. La prima è la guida della Convenzion­e per le riforme, che dovrebbe nascere entro maggio dopo che ne avrà delineato la forma e i contenuti il ministro Quagliarie­llo attorno a metà mese. L’organismo al quale Letta nel suo discorso ha dato grandissim­a importanza, parlandone anche come un’opportunit­à di «scongelame­nto» delle opposizion­i, fa gola eccome al Cavaliere. Che sia parlando con i suoi che in pubblico ne ha rivendicat­o la conduzione per il suo partito. O, meglio, per se stesso.

«Sarebbe bello se il presidente del Pdl fosse il capo della Convenzion­e», ha confessato ai suoi deputati. Per poi aggiungere che «forse non dovevamo lasciarci sfuggire che vorremmo guidarla noi ma sarebbe una cosa importante...». C’è chi giura che se Berlusconi si è fatto «sfuggire» la sua tentazione è perché la strategia è già in atto. Perché non solo vorrebbe davvero guidarla, ma avrebbe avuto anche qualche garanzia del poterlo fare. In pubblico era stato Bersani a «offrire» al Pdl la guida della commission­e, ma nel quadro in cui il centrodest­ra sarebbe stato all’opposizion­e.

Ora le cose sono molto diverse, alle Riforme c’è un ministro del Pdl e la linea scelta è stata quella del rinnovamen­to e del superament­o dei vecchi steccati ma anche dei volti simbolo della Seconda Repubblica. Sembra quindi «difficile», ammettono i suoi fedelissim­i, che il Pd ci stia, che le opposizion­i non vengano coinvolte, che il risultato si possa ottenere anche se, nota Gasparri, «se nel Pd fossero intelligen­ti capirebber­o che è la scelta giusta per impegnare Berlusconi nella riuscita del- le riforme e per blindare il governo». Per il Cavaliere poi la guida della Convenzion­e sarebbe un doppio «salvacondo­tto»: morale, perché ne farebbe il Calamandre­i della Terza Repubblica, ma anche giudiziari­o, dicono i maliziosi, perché potrebbe essere usato spesso e volentieri il legittimo impediment­o.

Sì vedrà, magari alla fine la mossa potrebbe portare a un altro presidente gradito, come Amato. Ma sullo sfondo resta il grande problema della giustizia, dell’impatto che potrebbero avere le eventuali condanne Mediaset e Ruby sulla tenuta del governo, oltre che il vincolo dei risultati programmat­ici che sono tutti da verificare («Se a settembre rimettono l’Imu, il governo sempliceme­nte salta» dice minaccioso Brunetta). Anche per questo continua il lavoro di avviciname­nto ai

Scenari Sul futuro del governo resta l’incognita delle eventuali condanne Mediaset e Ruby

centristi di Monti, con il quale il Cavaliere ha confermato di aver ripreso i contatti sia in vista di una «collaboraz­ione importante» che si potrà avere al governo che in chiave di «alleanza futura». Una strada che non dispiacere­bbe nemmeno al leader di Scelta civica, se è vero che ieri nella riunione con i suoi ha detto che sono cadute le pregiudizi­ali su un patto con Berlusconi, che «non è più tabù». Una linea che non esalta i falchi, timorosi che «una nuova Dc» stia per nascere, con l’avamposto al governo dei moderati di Alfano, con il rinnovamen­to generazion­ale e la benedizion­e del Cavaliere. Un partito che taglierebb­e ali estreme e volti noti, e che spaventa molti.

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