Corriere della Sera

Il «banzai» del premier giapponese che sogna di far risorgere l’impero

Isole contese e revisionis­mo storico: il nuovo nazionalis­mo di Abe

- Guido Santevecch­i

PECHINO — Il primo atto della visita a Mosca del premier giapponese Shinzo Abe è stato l’omaggio alla Tomba del Milite Ignoto. Un gesto non casuale, visto che i due Paesi non hanno ancora voluto firmare un trattato di pace dopo la Seconda guerra mondiale. Abe è in Russia all’inseguimen­to del presidente cinese Xi Jinping, che era venuto a marzo. È impegnato in una partita geopolitic­a per bilanciare la crescente forza militare di Pechino, anche dopo che il Cremlino ha promesso di vendere 24 caccia Sukhoi-35 e 4 sottomarin­i della classe Lada all’Esercito cinese.

Il nazionalis­ta Abe, primo leader giapponese a visitare la Russia in dieci anni, ha un buon rapporto con Vladimir Putin, non meno nazional-populista di lui. E spera di ottenere comprensio­ne nella sfida con la Cina per le isole Senkaku/Diaoyu. Ma ha a sua volta un contenzios­o sensibile con la Russia per le quattro isol e c h i a mat e « T e r r i t o r i d e l Nord» a Tokyo e «Kurili del Sud» a Mosca. Le isole furono occupate dall’Armata Rossa alla fine della Seconda guerra mondiale, quando Stalin decise di avvantaggi­arsi della disfatta del Sol Levante, negli ultimi giorni del conflitto. È a causa delle Kurili che Giappone e Russia non hanno tecnicamen­te chiuso il conflitto.

«Voglio stabilire relazioni personali di fiducia, voglio che troviamo un accordo per rilanciare i colloqui sul trattato di pace», ha detto Abe, giocando a carte scoperte.

Putin invece gioca su due tavoli e al rialzo: ha ricevuto Xi Jinping promettend­o una relazione stretta e ora cerca investimen­ti giapponesi e

Prove di pace Il leader nipponico e Putin hanno concordato di riprendere i negoziati di pace bloccati dal 1945

know-how per la sua industria arretrata e per sviluppare le regioni del Far East russo, temendo che altrimenti possano subire l’attrazione fatale di Pechino (che tra l’altro nei suoi libri di storia continua ad accusare gli zar per la sottrazion­e di almeno un milione di chilometri quadrati di territorio cinese). Abe, per dimostrare di avere intenzioni serie, si è portato al seguito 120 businessme­n e pensa di partecipar­e alla costruzion­e del gasdotto che collegherà i giacimenti della Siberia orientale e un’altra linea da 38 miliardi di dollari progettata da Gazprom a partire da Vladivosto­k. Il Giappone avrà bisogno anche del gas russo dopo il disastro nucleare di Fukushima.

L’interscamb­io commercial­e tra Russia e Giappone è arrivato a 32 miliardi di dollari nel 2012, in crescita del 5,3% sul 2011, ma Mosca è solo il quin-

Il primo ministro giapponese Shinzo Abe, al centro, durante la cerimonia che si è tenuta ieri di fronte alla Tomba del Milite Ignoto, vicino al Cremlino ( dicesimo partner dell’economia di Tokyo.

Ma il leader giapponese che guarda all’economia e le cui teorie espansive si sono meritate rispetto internazio­nale e l’etichetta Abenomics è lo stesso uomo che domenica ha organizzat­o una cerimonia revisionis­ta a Tokyo. Un evento concluso da circa 400 deputati e politici del suo governo con il triplice grido «banzai», braccia levate al cielo, sotto lo sguardo dell’imperatore Akihito e dell’imperatric­e Michiko. Abe li ha riuniti per giurare che d’ora in poi il 28 aprile sarà celebrato ogni anno come «Giorno della Restaurazi­one della Sovranità del Giappone». Un altro passo del governo nazionalis­ta sulla strada del revanscism­o. L’obiettivo finale è la riscrittur­a della Costituzio­ne pacifista imposta nel 1947 dagli americani all’impero del Sol Levante, che nel 1941 aveva scatenato la guerra nel Pacifico con l’attacco a Pearl Harbor.

Il 28 aprile del 1952 entrò in vigore il Trattato di pace di San Francisco, che aprì l’era della ricostruzi­one e del miracolo economico di Tokyo. Quel giorno cessò formalment­e l’occupazion­e militare americana (restò la base di Okinawa, ancora oggi presidiata).

La presenza di Akihito al raduno nostalgico getta il peso della dinastia sul piano di Abe: il padre dell’attuale sovrano, l’imperatore-divinità Hirohito, nel 1945 era stato «graziato» dal generale Douglas MacArthur, proconsole degli Stati Uniti a Tokyo, che gli risparmiò il processo per crimini di guerra: proprio quella mossa politica, secondo gli storici, diede al popolo giapponese la falsa percezione di non aver avuto una colpa collettiva per il passato coloniale e aggressivo del Giappone imperialis­ta e militarist­a.

Abe, che a 58 anni ha avuto una seconda chance di guidare il Giappone (era stato premier nel 2006-2007 con scarsi risultati), si sente molto forte: nel settembre del 2012 ha stravinto le elezioni, il suo partito liberaldem­ocratico ha 328 seggi sui 480 della Camera, e ora ha un gradimento al 70% grazie alla promessa di rilanciare l’economia e con essa l’orgoglio nazionale, dopo 15 anni di deflazione. E ha deciso di sfruttare questo consenso per riscrivere la storia, il suo vecchio sogno.

Qualche giorno fa ha dato la sua benedizion­e politica alla delegazion­e di 168 parlamenta­ri che è andata in pellegrina­ggio allo Yasukuni, il mausoleo in ricordo dei due milioni di soldati imperiali caduti nelle guerre moderne: quelle lapidi ricordano anche i 14 generali di Hirohito condannati per crimini. E nel dibattito parlamenta­re ha elaborato una teoria preoccupan­te: «La definizion­e di ciò che costituisc­e una "invasione" dev’essere ancora stabilita a livello accademico e nella comunità internazio­nale».

Ora la festa della Restaurazi­one della Sovranità Nazionale e la promessa di cambiare la Costituzio­ne. Ma su questa strada avventuris­ta i sondaggi non lo premiano: solo il 14 per cento dei giapponesi la approva incondizio­natamente.

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Reuters) A Mosca

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