In Spagna il paradiso della cucina emotiva (e l’italia è terza)
Bottura sul podio: premiata la modernità
E non sono sempre gli stessi: ogni anno ne vengono cambiati 10 per ciascuna regione, dunque quasi un terzo del panel risulta rinnovato. Ognuno di loro, in base ad almeno un’esperienza diretta negli ultimi 18 mesi, nomina 7 ristoranti, dei quali 3 come minimo devono essere fuori dalla propria regione. La cosa più interessante è che non esista alcun criterio prestabilito di valutazione: come davanti a un’opera d’arte, vale solo la sensibilità personale.
Era stato questo approccio destrutturato che nel 2010 aveva portato alla scoperta di Renè Redzepi, che al Noma di Copenaghen si era fatto profeta della cucina nordica, riuscendo per tre anni di seguito a conquistare il primo posto. Ieri ha perso lo scettro, pagando una certa insularità della sua proposta e forse anche l’incidente di qualche mese fa, quando 63 clienti si presero un virus intestinale dopo aver cenato al Noma. Red- zepi aveva letto in ritardo la mail dove un dipendente faceva sapere del suo malanno e non aveva provveduto a far disinfettare la cucina. Il danese-macedone, che ha avuto il merito di rendere subito noti tutti i fatti, rimane al secondo posto. Ora al vertice sono tre fratelli catalani: al Celler de Can Roca di Girona, Joan in cucina, Jordi alla pasticceria e Josep in cantina formano un trio familiare unito e affiata- to. La loro narrativa è quella di una cucina emotiva, giocosa, dove i profumi servono a evocare memorie e le presentazioni devono sorprendere, come le celebri olive caramellate che pendono da un ulivo bonsai. «Meritatissimo», commenta Stefano Bonilli, direttore della Gazzetta Gastronomica, che è anche uno dei giurati.
Massimo Bottura non sta nella pelle: «Sono felice, è un rico- noscimento straordinario per me, per i miei collaboratori e per l’Italia. La serietà, il lavoro di squadra, gli investimenti anche in tempi di crisi alla fine pagano. Ma soprattutto è il segnale che dobbiamo valorizzare il nostro passato in chiave critica e non nostalgica. È inutile essere autoindulgenti e dire che la nostra cucina è la migliore del mondo. Bisogna invece prendere il meglio del passato e propor-