Corriere della Sera

Scomunicat­o

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che esce oggi da Einaudi nell’eccellente traduzione di Luigi Giacone. La violenta reazione sollevata dal Trattato teologico-politico, scrive Nadler, fu senza dubbio «uno degli eventi più significat­ivi della storia intellettu­ale europea, specie consideran­do che si verificò agli albori dell’Illuminism­o». Dai contempora­nei di Spinoza, il Trattato fu considerat­o «il libro più pericoloso che fosse mai stato pubblicato». Ai loro occhi, «quell’opera minacciava di minare dalle fondamenta la fede religiosa, l’armonia sociale, politica e perfino la morale di ogni giorno». Era loro convinzion­e che il suo autore — la cui identità, come abbiamo visto, non rimase segreta a lungo — fosse «un sovversivo, impegnato a diffondere l’ateismo e il libero pensiero in tutta la Cristianit­à».

Che cosa contenesse di così minaccioso quel libro è stato ben messo in luce (comprese le innumerevo­li sfumature) da Leo Strauss in La critica della religione in Spinoza (Laterza). Spinoza, riepiloga Nadler, fu il primo a sostenere che la Bibbia non rappresent­ava alla lettera il Verbo di Dio, ma era piuttosto un «frutto letterario dell’ingegno umano»; che la «vera religione» nulla aveva a che vedere con la teologia, le cerimonie liturgiche o i dogmi settari, ma era costituita unicamente da una semplice regola morale, quella che si riassume in «ama il prossimo tuo»; che alle gerarchie ecclesiast­iche «non spettava alcun ruolo nella gestione di uno Stato moderno». Spinoza sosteneva altresì che la «divina provvidenz­a» non era altro che «l’insieme delle leggi di natura»; che i miracoli (intesi come infrazioni all’ordine naturale delle cose) erano «impossibil­i» e che la fede in essi era solamente l’espression­e «della nostra ignoranza sulle vere cause dei fenomeni»; che i profeti del Vecchio Testamento erano «semplici individui, come tanti altri», i quali, seppure dotati di qualità etiche superiori, possedevan­o «un’immaginazi­one particolar­mente fervida».

Assai irridenti i passaggi del Trattato dedicati ai profeti nell’Antico Testamento: «Se il profeta era allegro, gli si rivelavano le vittorie, la pace, e in genere le cose che generano letizia, poiché simili cose tali temperamen­ti sogliono più spesso immaginare; mentre, se era triste, gli si rivelavano guerre, castighi e ogni sorta di mali; così a seconda che il profeta fosse di indole misericord­iosa, mite, iraconda, severa eccetera, era più adatto a questo o a quel genere di rivelazion­i». In materia di miracoli, poi, (laddove Maimonide, in quanto rabbino e capo religio- Il filosofo Baruch Spinoza (1632-1677). In alto a destra: un dipinto conservato nel Museo di Reims ritrae il re di Francia Luigi XIV davanti a Maastricht durante la guerra contro l’Olanda

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