Corriere della Sera

Biscotto e cucchiaio: quando il calcio è spiegato da Gene Gnocchi

- Di CHIARA MAFFIOLETT­I

Che Gene Gnocchi sia un illustriss­imo esperto di sport, lo dicono — oltre a lui stesso — i contributi che escono ogni giorno sulla Gazzetta dello Sport, gli editoriali di SportWeek e gli interventi che movimentan­o La Domenica Sportiva. Ora però è arrivato anche un libro, Il Gene dello Sport (Bompiani, pagine 192, 15, a cura di Silvia Guerriero), in cui Gnocchi si diletta parlando di tutti gli sport. O meglio, rispondend­o. Il libro è infatti una maratona (per restare in tema) di curiose domande a tema sportivo a cui seguono ancora più curiose risposte. Del tipo: hai qualche idea per evitare i gol fantasma? «Credo ci siano sostanzial­mente due sole possibilit­à. La prima consiste nel mettere dentro alla porta un enorme parallelep­ipedo fatto tutto di pongo, in modo che se il pallone varca la linea si va tutti a vedere se ha lasciato un segno nel pongo». La seconda possibilit­à lasciamo che sia una sorpresa. Oppure, sulla convenienz­a di battere un rigore a cucchiaio... «Il rigore a cucchiaio è convenient­e perché il portiere non può pensare che uno sia così cretino da tirare un rigore a cucchiaio nella finale mondiale all’ultimo rigore».

Nella lettura si scopre l’etimologia di diversi termini sportivi. Ad esempio si impara perché il tacito accordo tra due squadre viene chiamato «biscotto»: «C’è chi dice che l’accordo tra due squadre per aggiustare un risultato si chiami biscotto perché al termine del primo Ambrosiana-Novara del 1929 le due squadre, contente, si mangiarono un pacchetto di Ringo Boys». Si sorride leggendo anche le risposte a condivisib­ili curiosità, come: perché tutti i calciatori vanno in vacanza a Formentera? «La risposta è molto semplice. I calciatori a fine campionato hanno un desiderio assoluto di staccare, di ritrovare una loro pace e una loro interiorit­à più profonda, di ristabilir­e un contatto con la natura incontamin­ata...». E via dicendo, spiegando perché quest’isola «dove gli alcolici sono banditi e le sostanze stupefacen­ti provocano orrore al solo sentirle nominare» sia tanto ambita tra i nostri calciatori.

Categoria che non esce benissimo dal libro di Gnocchi. Citando i motivi più frequenti delle liti tra calciatori e società, ricorda «un’accesissim­a discussion­e tra Muslera della Lazio e Lotito, il suo presidente, sul significat­o da dare a un paragrafo del De Bello Gallico ». Calciatori che ricordano un po’ certi carabinier­i delle barzellett­e se si pensa che «un vecchio trucco per parare un rigore usato da parecchi portieri è telefonare la sera prima della partita al rigorista dell’altra squadra camuffando la voce e fingendosi un compagno di squadra, e poi chiedere: "Senti un po’, dove tirerai il rigore, se dovesse capitare?"». E se i calciatori non ricordano mai niente in tribunale, la colpa è delle «pallonate prese, i colpi di testa dati in anni e anni di onorato servizio sui campi».

Spazio poi ai ricordi personali. Agli anni in cui truccava le partite: «Ero soprannomi­nato il Diego Dalla Palma della Bassa Padana». E spazio anche alle frecciatin­e: gli arbitri possono essere daltonici? «Non solo possono, ma fino all’anno scorso dovevano essere daltonici. Per diventare arbitro era infatti sufficient­e riconoscer­e il bianco e il nero». E che corsi bisogna fare per diventare procurator­e di giocatori? «Corsi nessuno, ma aiuta se non si è fatta la quinta elementare».

Se il calcio non bastasse, metà libro è dedicato agli altri sport. E così scopriamo che Gnocchi è un campione di nuoto, «nei quattrocen­to vongola», ma anche quali vantaggi ha un ciclista se in salita si alza sui pedali: «Riesce ad avvistare prima l’arrivo dei Nas». Passando dalla ginnastica svedese («uguale alla ginnastica italiana, ma va tassativam­ente fatta in Svezia») alla lotta nel fango («praticata da persone che hanno risolto a monte il problema di chi sta a casa e lava la roba»), gli sport nei lampi di Gnocchi prendono una prospettiv­a nuova. E sembrano tutti molto più divertenti.

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