Corriere della Sera

HA DIRITTO AL RISPETTO MA SE LO MERITI

- PAOLO CASARIN

di B alotelli

sostiene «subisco cento falli a partita, che non mi vengono fischiati, ma appena dico qualcosa vengo ammonito». Balotelli parla da solitario: invece gioca assieme ad altri 21 calciatori e alla presenza di un arbitro, almeno. Balotelli gioca per fare gol, l’altra squadra per impedirgli­elo, l’arbitro per vedere se tutto avviene nella correttezz­a. Mario fa degli errori tecnici, i difensori ci mettono molta forza, l’arbitro non sempre giudica con precisione; ma in serie A gli errori sono nettamente inferiori alle cose ben fatte, da tutti e tre. Il calcio è un lavoro fisico di gruppo, una sfida tra due squadre affiatate che, quando sono di grande livello, finiscono per darsele, nei limiti del sano agonismo. Le botte misurate con il rispetto dell’altro, pronti a chiudere la pratica con una stretta di mano. «La prossima volta fai più attenzione» ho sentito dire mille volte tra di loro. I grandi calciatori non hanno bisogno dell’arbitro, se non per chiedere quanto manca alla fine. I calciatori che ambiscono alle prime pagine, prima di ogni cosa, debbono conoscere il gioco degli avversari, studiarne le mosse e cercare di superarli. Nella correttezz­a, senza cadere a terra per un colpo di vento. Con questo comportame­nto cresce la stima tra i campioni e gli aspiranti campioni, che guardano proprio alla «figurina» con ammirazion­e, anche se è l’avversario. Per questo si scambiano la maglia, a fine partita. Mario ha anche detto che con lui gli arbitri non parlano, durante il gioco: preferisco­no evitarlo e gli negano ogni dialogo. Balotelli ha diritto di essere ascoltato, come tutti: ricordiamo­ci, però, che i grandi calciatori coltivano il rapporto con l’arbitro con misura, quasi con solidariet­à, senza attese.

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