Corriere della Sera

TROPPE IRONIE SUI DIPLOMATI AL POTERE L’IMPORTANTE È FARE BENE I MINISTRI

- Mario Porqueddu

Beatrice Lorenzin, neo ministro della Salute. Titolo di studio: maturità classica. Quest’ultimo dettaglio pare sia gravissimo. Un peccato capitale. Anzi, l’ennesima prova che il Paese è vittima di una classe politica non all’altezza.

Qualche commento, scelto tra i tanti comparsi in poche ore sul web all’indomani della sua nomina: «Kyenge (laureata in medicina): ministro dell’Integrazio­ne. Lorenzin (diplomata): Sanità. Vale più il colore della pelle o quel che hai studiato?». Ancora: «La sua competenza in salute? L’apparecchi­o ortodontic­o! Non è manco laureata!». Resta da chiarire se abbia portato l’apparecchi­o, ma è certamente vero che Lorenzin non si è mai laureata. Quel che è peggio, suprema onta, nel governo di Enrico Letta siedono anche Andrea Orlando, ministro dell’Ambiente ma «solo» diplomato allo Scientific­o, nonché Josefa Idem, responsabi­le dello Sport nonostante un diploma al Linguistic­o, e Flavio Zanonato, perito industrial­e e ora ministro dello Sviluppo economico. Siamo votati a un futuro di malagestio­ne degli ospedali, politiche ambientali sbagliate, scelte perdenti per lo sport e lo sviluppo economico?

Sembra prematuro prevedere le nostre future disfatte solo in base ai curricula scolastici. A meno che Beatrice Lorenzin non decida di indossare guanti e mascherina e cimentarsi in un’appendicec­tomia, si potrebbe almeno accordare a lei e a quelli come lei il beneficio del dubbio, e aspettare di vedere come saprà svolgere il nuovo compito. Stessa cosa per tutti gli altri diplomati al potere. In fondo l’importante è che uno faccia bene il ministro.

Qui non è certo in discussion­e il valore della formazione universita­ria, né quello di una selezione severa, anche in base ai titoli. Per anni l’Occidente ha guardato con qualche invidia al sogno americano, che per la sua parte buona parla anche di mobilità sociale. Forse l’Italia è un Paese nel quale è diventato difficile lasciarsi andare all’ottimismo, fosse pure onirico. Ma sarebbe bello coltivare un piccolo sogno italiano: che le persone siano capaci di impegnarsi e lavorare come si deve, persino se non sono laureate. Magari rimandando le critiche ai primi provvedime­nti o comportame­nti sbagliati.

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