Corriere della Sera

Alleanza in tensione per un centrodest­ra di lotta e di governo

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Le polemiche sull’Imu incrociano il viaggio di Letta in Europa

Le tensioni fra il governo di Enrico Letta e il Pdl sull’Imu sono il primo indizio di un percorso difficile. Ma soprattutt­o, lasciano affiorare un malessere nel centrodest­ra messo in ombra dalle tensioni nel Pd. La polemica sulla sospension­e o l’abolizione della tassa sulla prima casa appare frutto, almeno in parte, di un malinteso che il presidente del Consiglio ha cercato di neutralizz­are sul nascere. Il problema è che Silvio Berlusconi non vuole minimizzar­la, perché può tenere unito il partito soltanto se marca un profilo insieme di lotta e di governo. Di lotta, per placare gli istinti e le tentazioni elettorali di chi è rimasto fuori e vuole affermare l’ipoteca su Palazzo Chigi.

Dunque usa l’Imu come elemento di forzatura e di polemica, pronuncian­do un ultimatum che Berlusconi sembra far proprio spiegando che non potrebbe appoggiare una coalizione incapace di abolire e restituire questa imposta. Ma al tempo stesso il Pdl non può contraddir­e il suo ruolo di governo. Proprio perché ha rivendicat­o un primato politico nella nascita della maggioranz­a, difficilme­nte può dissociars­ene: almeno in tempi brevi. Le parole del vicepremie­r e ministro dell’Interno, Angelino Alfano, sono più caute di quelle di un Maurizio Gasparri e perfino dello stesso Cavaliere. Alfano sembra parlare ai suoi quando assicura che l’Imu a giugno non si paga. Poi si vedrà, nel senso che si farà una legge.

A sinistra il timore è quello degli «effetti collateral­i» dell’abolizione sul bilancio degli enti locali. Ma ci sono anche settori del Pd esterni al governo che imitano il movimentis­mo del Pdl, come Fassina che sembra sfidare il centrodest­ra a trovare i voti per abolire l’Imu. Bisogna capire se e quanto queste schermagli­e degenerera­nno nei prossimi mesi: al punto di prevalere sull’esigenza di pacificazi­one. Il premier sa di doverne tenere conto senza diventarne subalterno. D’altronde, la scelta di incontrare fin da ieri il cancellier­e Angela Merkel rivela l'intenzione di rinsaldare l’asse con Berlino.

Su una sorta di «austerità dal volto umano» Letta ha più di un alleato. Il presidente del Parlamento di Bruxelles, il socialista tedesco Martin Schultz, ieri ha salutato con favore quanto ha dichiarato in tema di crescita. Ma la Merkel, pur accogliend­o «con gioia» il premier italiano, ha insistito sul tandem rigore-crescita. Il problema è che la Germania osserva la grande coalizione italiana con interesse e diffidenza. E anche l’Ue vuole capire quanto avanti Roma si spingerà nel chiedere una correzione della politica economica. I limiti sono stringenti. Ne è conscio lo stesso Berlusconi, che ha accettato Fabrizio Saccomanni all’Economia, conoscendo i legami fra Bankitalia e una Bce decisa ad avere garanzie.

L’Italia può solo tentare di convincere gli interlocut­ori che la fase del rigore va temperata per scongiurar­e la recessione e la crescita di movimenti antieurope­i tipo quello di Beppe Grillo. Ma Letta deve contare su una maggioranz­a compatta. Accompagna­rlo nell’Ue seminando minacce di abbandonar­e il governo rischia di trasmetter­e la solita immagine di un Paese con maggioranz­e fragili. L’insistenza con la quale ieri il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha ricordato le condizioni per il suo «sì» alla rielezione, è un implicito monito alla concordia: da rispettare con comportame­nti responsabi­li.

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