Le mosse del Cavaliere (e la strategia giudiziaria) per fare il «padre nobile»
ROMA — Non sarà come far nascere un governo, ma quasi. E nominarne il capo sarà altrettanto complicato che scegliere un premier. Perché la Convenzione per le riforme, che dovrebbe vedere la luce entro il mese, dovrà essere in qualche modo il contraltare istituzionale dell’esecutivo, una sorta di camera di compensazione stavolta di larghissime intese alla quale, quasi quanto al successo delle misure economiche, sarà affidata la vita della legislatura.
Per questo Silvio Berlusconi ci ha messo gli occhi fin dal primo momento, e intende portarne a casa la guida. Sa benissimo il Cavaliere che pre- siedere un organismo che dovrebbe essere composto da parlamentari e da illustri esperti del settore per riscrivere buona parte della Costituzione gli darebbe quello che nessun voto potrebbe mai dargli: la patente di padre nobile, la legittimazione del ruolo di traghettatore dalla seconda alla terza Repubblica. Da protagonista, che ha tutto l’interesse a far durare il governo e che quindi tranquillizzerebbe anche il Pd perché non si faranno scherzi o non si staccherà la spina al primo momento utile.
Argomenti utili per ottenere quella pacificazio- della Convenzione. L’intreccio con i processi e il loro esito peserà. Ma soprattutto a contare sarebbe l’eventuale contrarietà del Pd di affidare proprio al «nemico» Berlusconi la guida di un organismo di così grande autorevolezza e visibilità. Nel Pdl sussurrano che l’ex premier qualche assicurazione potrebbe averla avuta nei colloqui che l’hanno portato a dire sì al governo. Ma a sentire Luciano Violante, l’uomo che Napolitano ha chiamato a rappresentare il Pd nella commissione dei saggi, la via sarebbe complicata: «Osservo solo che avere un ministro delle Riforme del Pdl e un esponente del Pdl alla guida della Convenzione potrebbe creare problemi...». Di più. Secondo Violante la soluzione ideale sarebbe una Convenzione composta «tutta da non parlamentari, an-