Corriere della Sera

D’Alema: «Noi e loro siamo diversi Il Pd deve progettare il suo futuro»

Il leader: inutile parlare di reggenti, è necessario eleggere un segretario

- Maria Teresa Meli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Questo governo deve risolvere problemi che in tanti anni non sono stati affrontati e non sarà facile. Ma era una via obbligata dal risultato elettorale»: parla così, Massimo D’Alema, mentre è seduto alla sua scrivania, al primo piano del palazzo che ospita la Fondazione Italianieu­ropei.

Ci avete messo un po’ di tempo per capirlo.

«Ci siamo arrivati in un modo un po’ tortuoso e lungo. Ma il risultato non dava un vincitore e i 5 Stelle non erano disposti a collaborar­e. Questo purtroppo lo si è capito quasi subito. Al di là delle illusioni che qualcuno ha coltivato, era chiaro che c’era un disegno politico da parte di Grillo che era quello di spingere per questo tipo di accordo tra noi e il Pdl».

E voi avete fatto quello che voleva Grillo.

«Bè, o si accettava questa sfida o si tornava a elezioni, probabilme­nte inutilment­e, con questa legge elettorale».

Avete preferito la prima che ha detto.

«E non è una strada facile: non è una collaboraz­ione ordinaria. Si tratta di una collaboraz­ione straordina­ria che tanta parte dei nostri elettori vive con sofferenza quindi è anche comprensib­ile un certo atteggiame­nto di diffidenza. Vedo però che i santoni dell’anti-inciucio sono talmente contenti di quella che a loro sembra la liquidazio­ne del gruppo dirigente storico del centrosini­stra, che persino loro sono passati tra i sostenitor­i di questa nuova fase».

Il Pdl vuole l’abolizione dell’Imu come prima cosa, il Pd no.

«Per noi bisogna intervenir­e per affrontare il dramma sociale di tante famiglie italiane e per sostenere la crescita, le imprese... Occorrerà una discussion­e, naturalmen­te, all’interno della maggioranz­a che sostiene questo governo, perché la riduzione della pressione fiscale deve essere finalizzat­a a ridurre le diseguagli­anze e a sostenere l’occupazion­e. A mio giudizio non lo si può fare in modo generalizz­ato: bisogna che chi ha di più dia un contributo maggiore».

Anche la politica dovrà ridurre qualcosa.

«Certo: bisogna abolire l’attuale sistema di finanziame­nto, e nello stesso tempo occorre una legge per garantire trasparenz­a e carattere democratic­o dei partiti. Ma c’è un altro punto che secondo me è importante». Cioè? «Sono preoccupat­o dall’idea che è emersa nel dibattito dell’altro ieri, secondo cui la riforma della legge elettorale può avvenire solo dopo aver sciolto il nodo costituzio­nale della forma di governo. La mia proposta è quella di abolire immediatam­ente e preliminar­mente il Porcellum. Dopo si potrà discutere con serenità di tutto, ma intanto daremmo ai cittadini la certezza che potranno comunque votare con un sistema diverso, scegliendo i propri parlamenta­ri. Se c’è un’intesa, il governo può anche varare un decreto a riguardo. In questo modo, anche se la legislatur­a non dura il tempo necessario per fare tutte le riforme, si può andare lo stesso alle elezioni senza problemi».

Lei parla di legge elettorale perché dovrebbe fare parte della Convenzion­e...

«Non intendo far parte di alcuna convenzion­e, io ho già dato, da questo punto di vista, adesso ho altro da fare».

Può almeno dire se è d’accordo sul fatto che Berlusconi la presieda.

«Mi sembra una forzatura inopportun­a ma non spetta a me decidere».

Le sembra normale che il Pd fa un governo con Berlusconi e poi deve ritenere inammissib­ile che il Cavaliere presieda la Convenzion­e?

«Non ho detto inammissib­ile: ho parlato di forzatura inopportun­a. Ho sempre condiviso la necessità del dialogo e dell’impegno per fare le riforme con gli altri, anche se con Berlusconi è risultato davvero molto difficile. Posso dirlo anche perché ho pagato un prezzo personale e politico molto alto per la coerenza del mio impegno».

Allora le pesa la nomea dell’inciucista?

«Voglio rivelarle che, durante l’elezione per il capo dello Stato, il presidente Berlusconi ha avuto la cortesia di chiamarmi al telefono per spiegarmi le ragioni per le quali non riteneva possibile la convergenz­a sul mio nome. "La maggior parte dei nostri elettori non capirebbe, perché la consideran­o uno dei nostri avversari più pericolosi"». E lei che gli ha risposto? «La ringrazio: se volesse fare un’intervista per spiegare questo concetto anche a qualche elettore di sinistra...».

Tornando a questo strano governo che voi per pudore non chiamate governissi­mo...

«Che dire? Ci stiamo incamminan­do in un’esperienza di governo molto impegnativ­a. Dovremo badare al giorno per giorno. Basta vedere le polemiche di queste ore sull’Imu. C’è poco da fare, "noi" e "loro" siamo diversi e questa diversità si manifester­à nel tempo. A maggior ragione, abbiamo bisogno di rilanciare il nostro partito e il nostro progetto, dopo la crisi del gruppo dirigente. Proprio perché il nostro elettorato è molto sofferente, dobbiamo riprendere a parlare dei contenuti e dei valori di una grande forza di centrosini­stra. E dobbiamo progettare il futuro, perché la vita non finisce con questo governo. Guardi Berlusconi con quanta attenzione parla tutti i giorni all’opinione pubblica...».

C’è una grande discussion­e nel Pd sul post Bersani: reggente, comitato di reggenza... o che?

«Lo statuto prevede che nel momento in cui si dimette il segretario del partito se ne elegge un altro. Quindi inutile parlare di reggenti o simili. Poi, il con-

gresso è sovrano nel decidere se confermare o cambiare la leadership. Non vedo perché ora non dovremmo fare ciò che facemmo quando si dimise Veltroni e l’assemblea nazionale elesse Franceschi­ni segretario. In ogni caso non possiamo andare avanti così: dobbiamo ricomincia­re a parlare al Paese».

Avete fretta di stoppare Renzi.

«Io credo che la guida del partito non debba essere concepita in funzione anti Renzi, anche perché il segretario del partito e il candidato premier non devono necessaria­mente coincidere. Con Renzi ho voluto ricostruir­e un rapporto personale dopo le polemiche delle primarie, perché lo considero una risorsa vera e importante del nostro partito».

Barca?

«Barca ha messo in campo idee innovative. Certamente può aiutare il Pd a trasformar­si e a rendere più moderno il suo rapporto con la società italiana. Ma lui stesso ha dichiarato che non intende candidarsi alla guida del partito».

Quindi no a Epifani reggente?

«Ho appena detto che è necessario eleggere un segretario».

Allora segretario: Zingaretti, Cuperlo, Fassina?

«Non voglio fare danni: già mi immagino che cosa direbbero se io facessi il nome del segretario ideale. Fatemi stare fuori da queste schermagli­e: al momento opportuno esprimerò, da militante, il mio punto di vista».

Tornando al governo: voi ex Pci state fuori, non sentite il carico del vostro fallimento?

«Noi non abbiamo fallito. Abbiamo dato esempio di moralità politica e abbiamo favorito l’opera di rinnovamen­to con generosità, e per questo non abbiamo ricevuto tanti ringraziam­enti, né abbiamo avuto uno stuolo di imitatori. Francament­e, però, mi sembrerebb­e un’analisi sbagliata dire che gente come Veltroni e io non siamo più nella vita politica italiana. Io continuerò a esercitare un ruolo politico e anche Walter. E non è neppure vero che noi ci siamo bruciati per la nostra litigiosit­à: noi non rappresent­iamo più la leadership, ma non per questo nel Pd si è smesso di litigare. Forse il problema non eravamo noi...».

Ma secondo lei questo è un governo di legislatur­a?

«Non lo so. Nessuno può dirlo in questo momento. Mi auguro che il governo possa realizzare gli obiettivi ambiziosi che si è prefisso per il bene del Paese».

E poi ci sono sempre i franchi tiratori. Sulla presidenza della Repubblica hanno accusato anche lei, come mandante.

«Figuriamoc­i, non ho mai fatto il franco tiratore in tutta la mia vita parlamenta­re. Prima della votazione su Prodi ho parlato con lui e gli ho spiegato che a mio avviso la situazione, dopo l’esito del voto su Marini, era molto confusa e tesa e che secondo me anche al quarto scrutinio bisognava votare scheda bianca e verificare la possibilit­à di un’intesa più ampia sul suo nome. Poi, si è deciso altrimenti... Io sono spigoloso ma trasparent­e, spigolosam­ente trasparent­e».

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