Il caso M5S, fuori il senatore che va in tv Malumori sul nodo rimborsi spese
Mastrangeli espulso con un voto online: mi portino via a forza
ROMA — Meno uno. La base a 5 Stelle, su proposta dei parlamentari, espelle il senatore Marino Mastrangeli, protagonista di innumerevoli comparsate televisive, considerate «lesive dell’immagine» del Movimento. Lui reagisce nel suo stile concitato, annuncia ricorso, torna in tv da Barbara D’Urso e accusa il suo ormai ex «partito» di agire «come fossimo in Corea del Nord». La ghigliottina del web non perdona, per la soddisfazione di Vito Crimi, capogruppo al Senato che aveva proposto l’espulsione, e per i mugugni dei 22 parlamentari a 5 Stelle contrari, alcuni dei quali parlano di «errore» e di «giustizia sommaria». Ma non è l’unica questione che agita il Movimento: c’è una lettera di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, che sollecita i parlamentari a trovare una soluzione sulla restituzione delle spese; c’è la vicenda delle mail svelate di Giulia Sarti, sulla quale i 5 Stelle hanno aperto un’indagine parallela, sospettando hacker interni; e c’è l’intervento incendiario in Aula di Andrea Colletti, i cui toni sono stati considerati eccessivi in un’assemblea interna che si è tenuta ieri. Non manca la voce del blog di Beppe Grillo, che si scatena contro Enrico Letta «capitan Findus» e il ministro Nunzia De Girolamo.
La prima espulsione a furor di popolo (del web) viene votata da 19.341 persone, con un sì pari all’88,8 per cento (17.177 voti). Un verdetto annunciato, che si basa sulla violazione del codice di comportamento a 5 Stelle. Troppa tv, troppi talk show, troppe parole fuori posto. Mastrangeli non abbozza. Nella conferenza stampa con la moglie (presa come assistente) spiega che la maggioranza dei parlamentari, 101, non ha votato contro di lui. Il che è vero, visto che i voti a favore dell’espulsione sono stati 62, 22 i contrari, ma il gruppo è di 163 parlamentari. Mastrangeli parla di «invidia», «farsa», «vergogna»: «Mi portino via a forza. Ce l’hanno con me perché sono andato dalla D’Urso, la più votata degli italiani, nemica del M5S. Viva la democrazia diretta, viva Barbara D’Urso». Mastrangeli si dice pronto a «guidare una minoranza», che non c’è.
C’è chi è contrario, «perché espellere qualcuno non è mai un bel segnale» e chi, come Paolo Bernini, dice che «così diamo un pretesto alla stampa per attaccarci». Ma c’è anche chi è entusiasta, come Tiziana Ciprini, che nega «barbare espulsioni» e parla di «rivoluzione culturale»: «Astenersi narcisisti, individualismi, volti solo a vedere i propri volti riflessi in tv».
Argomenti scivolosi, perché il discri-
Rabbia «Ce l’hanno con me perché sono andato dalla più votata degli italiani: viva la democrazia diretta, viva Barbara D’Urso» Inchiesta Il Movimento ha avviato un’indagine privata per sapere se l’attacco informatico è venuto da fuori o dall’interno
mine tra lecito e illecito, tra intervista gradita e lesione dell’immagine del Movimento è labile e opinabile. Per esempio, a molti non è piaciuto affatto l’attacco frontale fatto da Colletti al premier e il deputato abruzzese è finito sotto accusa in assemblea. Il clima rischia di diventare di caccia alle streghe e lo sa bene Tommaso Currò, uno dei deputati più critici, spesso isolato dai colleghi, non a caso contrario all’espulsione.
Tra moralismo e moralità, i 5 Stelle fanno i conti con i (troppi) soldi che arrivano in busta paga. A differenza degli altri deputati, lo stipendio se lo sono dimezzato e restituiranno l’assegno di fine mandato (una sorta di liquidazione). Ma ci sono le indennità: 3.600 euro di diaria che spettano ai parlamentari per vitto e alloggio. L’obbligo di rendicontazione (con scontrino) serve solo per la trasparenza. Ma se uno spende solo 1.000 euro, può tenersi il resto, ai termini di legge ma anche di codice di comportamento a 5 Stelle. E qui c’è il dibattito: alcuni vorrebbero rendere obbligatorio la restituzione dell’eccedenza, altri no. Alcuni «romani», come Alessandro Di Battista e Carla Ruocco, non dovendo pagare spese per l’alloggio, hanno annunciato che restituiranno volontariamente il di più non documentato. Per gli altri, o ci si affiderà alla coscienza individuale o il gruppo voterà un’indicazione cogente.
Una questione di cui non si discute apertamente ma che scotta, è quella delle mail hackerate. Nel mirino sono finiti i messaggi di Giulia Sarti e Stefano Vignaroli. In realtà, solo quelli della deputata bolognese sono stati diffusi, dando corpo all’idea che l’hackeraggio possa essere un’azione mirata contro di lei. Tra sospetti e veleni, con discrezione, il gruppo ha avviato un’indagine privata, oltre a quella ufficiale, per scoprire se l’attacco è venuto da fuori o dall’interno del Movimento.
E se in Aula i 5 Stelle replicano alle accuse per l’attentato (Roberto Fico: «È una tattica per deviare l’attenzione della gente»), quattro parlamentari chiedono l’apertura di una Commissione parlamentare sul caso Mps: Massimo Artini, Marco Baldassarre, Mara Mucci e Laura Bottici. Primo passo di una svolta nella «fase 2» del Movimento. Grillo e Casaleggio hanno fatto una riunione a Milano, in collegamento web con Roma, per mettere a punto «una grande svolta» nella comunicazione: «Cambierà tutto, vedrete».