Corriere della Sera

Una task force di infermieri per «salvare» i detenuti dallo sciopero della fame

- Guido Olimpio @guidoolimp­io © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

WASHINGTON— Rinforzia Guantánamo. Non sentinelle ma quaranta tra medici e infermieri per assistere i 100 prigionier­i in sciopero delle fame. Alcuni di loro, una mezza dozzina, sono in gravi condizioni, debilitati da una protesta che è entrata nella sua ottantadue­sima settimana. Il Pentagono vuole evitare che vi siano decessi e lo stesso presidente Obama lo ha detto, pubblicame­nte, durante la conferenza di stampa di ieri. Anche se ha ammesso che la situazione rischia di peggiorare.

La protesta nel campo di prigio- nia creato nella base Usa a Cuba dopo l’11 settembre è iniziata quasi in sordina il 6 febbraio. Un gruppo di detenuti ha rifiutato cibo e acqua sostenendo che si trattava di una risposta alla dissacrazi­one del Corano, accusa negata dalle autorità militari. L’esempio dei primi prigionier­i ha presto spinto altri ad unirsi arrivando a coinvolger­e oltre il 60 per cento dei 166 rinchiusi nel campo. La situazione si è fatta poi ancora più tesa il 13 aprile quando c’è stata una rivolta da parte di alcuni militanti. Sommossa soffocata con spari di proiettili di gomma e metodi duri da parte delle guardie. La fiammata ha ampliato il fronte dello sciopero della fame.

Davanti alla sfida, i militari hanno reagito con l’alimentazi­one forzata per i casi più critici. Almeno 21 prigionier­i sono nutriti con cannule nasali e tenuti sotto controllo in modo stretto a causa delle loro condi-

100 I detenuti in sciopero della fame, almeno dodici sono in gravi condizioni

86 I prigionier­i che potrebbero essere liberati perché non sono stati incriminat­i

zioni. Un numero ridotto —5 o 6—èstato trasferito nell’ospedale della base in quanto il loro stato di salute appare preoccupan­te. Andy Worthingto­n, giornalist­a e scrittore che segue da anni le vicende di Guantánamo, ha sostenuto che i più gravi «sono sul punto di morte». Un’informazio­ne che avrebbe avuto da una sua fonte all’interno del carcere militare.

L’alimentazi­one forzata è stata criticata severament­e dal presidente dell’American Medical Associatio­n, Jeremy A. Lazarus. In una lettera al segretario della Difesa Chuck Hagel ha sostenuto che qualsiasi medico che intervenga in questo modo sui detenuti «viola i principi etici della sua profession­e... Ogni paziente ha diritto di rifiutare la nutrizione anche se determinan­te per la sua vita». Il Pentagono la pensa diversamen­te e per questo ha disposto l’arrivo a Guantánamo del team composto da personale sanitario specializz­ato.

La frustrazio­ne mostrata ieri da Obama sulla difficoltà di chiudere il campo per gli ostacoli del Congres- so è legata al quadro giudiziari­o di molti dei detenuti. Secondo le ultime valutazion­i ben 86 potrebbero essere liberati senza alcuno strascico negli Usa in quanto considerat­i «puliti». E dunque dovrebbero essere rimandati nei rispettivi Paesi. Ma alcuni potrebbero finire di nuovo in prigione una volta tornati a casa, altri rischiano la vita.

Per quanto riguarda invece i «pericolosi» l’amministra­zione attuale aveva pensato a un trasferime­nto in carceri tradiziona­li sul territorio continenta­le americano. Progetto sommerso dai no furibondi di sindaci, governator­i e congressis­ti: «Non li vogliamo nel cortile di casa». Solo due cittadine, dotate di prigioni semivuote, si erano offerte di accoglierl­i nella speranza di aumentare i posti di lavoro assumendo guardie e personale ausiliario. Anche questa strada però non ha portato da nessuna parte.

La Casa Bianca ha incassato il colpo e poi provato a dimostrare, con i fatti, che si può trovare l’alternativ­a a Guantánamo. Poche settimane fa Suleyman Abu Ghait, genero di Bin Laden comparso nei video post 11 settembre, è stato catturato ad Amman con l’aiuto di turchi e giordani. Il terrorista è stato subito espulso verso gli Stati Uniti. L’Fbi lo ha preso in consegna, quindi è apparso davanti a un tribunale tradiziona­le a New York. Un procedimen­to regolare, senza corti speciali o passaggi a Guantánamo.

 ?? (Ansa/J. Scott Applewhite) ?? In gabbia Alcuni detenuti nel carcere di Guantánamo si apprestano a lavarsi prima della preghiera di mezzogiorn­o. È dal 2008 che Obama promette la chiusura del carcere di massima sicurezza.
(Ansa/J. Scott Applewhite) In gabbia Alcuni detenuti nel carcere di Guantánamo si apprestano a lavarsi prima della preghiera di mezzogiorn­o. È dal 2008 che Obama promette la chiusura del carcere di massima sicurezza.

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