Corriere della Sera

Il Csm frena Bruti Liberati: i giudici non valutino i pm

Il procurator­e li aveva coinvolti per il rapporto quadrienna­le

- Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

MILANO — Il capo dei pm, per stendere il rapporto quadrienna­le per la loro valutazion­e di carriera, può chiedere ai giudici di dare i voti alla profession­alità in udienza dei suoi pm? Pensava di poterlo fare il capo della Procura di Milano, Edmondo Bruti Liberati, che mesi fa aveva inaugurato un’innovativa modulistic­a per domandare appunto ai presidenti del tribunale e dell’ufficio gip se i suoi pm si presentass­ero alle udienze preparati sui processi in calendario, quale fosse il loro grado di preparazio­ne giuridica, se fossero puntuali, come si rapportass­ero alle altre parti processual­i. Ma ora il Consiglio superiore della magistratu­ra stoppa lo sperimenta­le metodo Bruti: e rimarca che «è escluso qualsiasi potere di ordine valutativo» in capo a soggetti diversi dal procurator­e, e che dunque costui «può tener conto», rispetto a quanto «proviene da uffici diversi», appunto non di «valutazion­i» ma «unicamente di situazioni e fatti specifici», che peraltro «non deve sollecitar­e formalment­e».

La divisione nel Csm al momento del voto — 9 sì alla linea Bruti contro 13 no e 2 astenuti — segnala che, al di là delle soluzioni, è ben avvertito il problema: e cioè come fare entrare nelle procedure di valutazion­e della carriera dei magistrati, tut- te immancabil­mente positive, quel non-detto di informazio­ni che non emergono dalle fonti ufficiali (le statistich­e, i provedimen­ti a campione, l’autorelazi­one, il rapporto appunto del dirigente), ma che paradossal­mente a volte raccontano meglio lo spessore reale di una toga; e che, se talvolta sono patrimonio tacito ma condiviso fra gli altri magistrati e gli avvocati, talaltra possono tuttavia pericolosa­mente rasentare la maldicenza interessat­a.

Quando il 22 giugno 2012 Bruti inizia a chiedere al tribunale come si comportino in udienza i pm che di volta in volta deve valutare per lo scatto di carriera, e apre alla possibilit­à che reciprocam­ente possano essere i giudici a essere valutati anche sulla base delle impression­i sul loro lavoro fornite dai pubblici ministeri, il procurato-re generale Manlio Minale obietta che «rimettere al presidente del tribunale la valutazion­e del complessiv­o comportame­nto di un pm appare del tutto inopportun­o e idoneo a tur- bare i rapporti tra la magistratu­ra requirente e quella giudicante».

C’è poi chi, come la consiglier­e del Csm Giovanna Di Rosa, milanese, vede minacciata l’indipenden­za «se la garanzia è riposta nei commenti dei dirimpetta­i anziché nel rispetto delle regole in una magistratu­ra capace, come decide i destini degli altri, di dire giorno per giorno ciò che va e ciò che non è andato bene». Altri paventano che a condiziona­re i giudizi richiesti a comando ogni 4 anni possano essere vecchie ruggini, esiti di processi, attriti personali. C’è chi lamenta che il magistrato «bocciato» non avrebbe un contraddit­torio nel quale difendersi, e chi teme disparità di trattament­o nei criteri non uniformi dei rapportini.

Così il Consiglio giudiziari­o milanese, guidato dal presidente della Corte d’appello Giovanni Canzio, decide il 17 luglio di investire il Csm di un quesito formale. E il Csm ora risponde che l’idea di Bruti «confligge con il sistema di responsabi­lità affidato al dirigente dell’ufficio di appartenen­za, che affidereb- be la fonte di una parte di proprie valutazion­i a un altro soggetto non direttamen­te a ciò deputato dalla normativa»: se infatti è vero che già oggi persino gli avvocati tramite il Consiglio dell’Ordine possono fare «eventuali segnalazio­ni», questa possibilit­à è però limitata «a fatti specifici», cioè a «informazio­ni», mai a «valutazion­i» generali su un magistrato. Inoltre per il Csm «non è da sottovalut­are che introdurre un non previsto sistema di valutazion­i "incrociate" tra Procura e tribunale, e viceversa, potrebbe rischiare di innescare nella dinamica processual­e un elemento di disturbo e di interferen­za con sviluppi non facilmente prevedibil­i».

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(Merlini/lapresse) Inquirente Edmondo Bruti Liberati, capo della Procura di Milano

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