SINDACATI CONFRONTO
PARTE IL UNITI SULLA IN
Complice la recessione e un risultato delle elezioni politiche che ha fatto saltare tutti i punti di riferimento, torna l’unità sindacale. Ieri, dopo 5 anni, si sono riuniti gli esecutivi unitari di Cgil, Cisl e Uil che hanno approvato uno storico accordo sulla rappresentanza; varato una piattaforma di richieste al nuovo governo (l’Imu sulla prima casa va tolta solo a chi non ha altre abitazioni, dicono Camusso, Bonanni e Angeletti) e indetto una mobilitazione che si articolerà in una serie di manifestazioni regionali che culmineranno sabato 22 giugno in una manifestazione nazionale a Roma, a sostegno del lavoro e della crescita. L’approvazione del documento è avvenuta per acclamazione. Certamente per sottolineare l’entusiasmo per la ritrovata unità dopo anni in cui le tre organizzazioni si sono aspramente combattute, sia sul piano politico, con la Cgil indisponibile a firmare qualsiasi accordo col governo Berlusconi, sia su quello sindacale, con Cisl e Uil che hanno perseguito una linea di dialogo sia con la Confindustria sia con la Fiat di Marchionne e la Cgil che ha invece interpretato una posizione più conflittuale. Ma l’acclamazione ha anche evitato che qualche sparuto voto contrario si manifestasse, come quello di Giorgio Cremaschi, l’irriducibile ex leader della sinistra Fiom (ora nei pensionati) che ha contestato il documento fino a farsi espellere.
Al di là dei dissensi legittimi (ieri il sindacato di base Usb ha inscenato una protesta ritenendo che l’intesa minacci il diritto di sciopero) l’accordo sulla «rappresentanza e la democrazia sindacale» segna una svolta nelle relazioni industriali. Le tre confederazioni per la prima volta hanno raggiunto un compromesso tra posizioni tradizionalmente lontane: a un estremo la Cisl contraria a mettere sullo stesso piano gli iscritti al sindacato e gli altri lavoratori, all’estremo opposto la Cgil favorevole a dare l’ultima parola ai lavoratori. L’intesa prevede i nfatti che la rappresentatività di un sindacato si misuri facendo la media tra gli iscritti, certificati e i voti ricevuti nelle elezioni delle Rsu, le rappresentanze sindacali unitarie, alle quali partecipano tutti i lavoratori. Si stabiliscono inoltre le regole per rendere valido un accordo tra sindacati e controparti. Servirà la firma di sindacati che rappresentino, secondo il criterio prima illustrato, almeno il 50% più uno e poi ci vorrà una «consultazione certificata dei lavoratori», le cui modalità saranno stabilite dalle categorie, che dovrà approvare l’accordo «a maggioranza semplice».
L’intesa, che nella sostanza ricalca il metodo
Cade il tabù dopo cinque anni L’incontro fra Cgil, Cisl e Uil sui temi della rappresentanza: per la prima volta dopo un quinquennio la riunione unitaria degli esecutivi
ditoriale non è disposta a sottoscrivere il sistema proposto da Cgil, Cisl e Uil senza modifiche. Le piccole aziende temono che esso aprirebbe la porta all’ingresso del sindacato, a quel punto legittimato a chiedere ovunque l’elezione delle Rsu, anche in tutte quelle imprese dove non c’è. Inoltre, se le nuove regole dovessero essere recepite da una legge di sostegno, come c’è nel pubblico impiego, sarebbe impossibile per un’azienda non riconoscere un sindacato: non potrebbe farlo neppure uscendo da Confindustria, come per esempio ha fatto la Fiat quando ha voluto estromettere dalle rappresentanze aziendali la Fiom. Confindustria poi vuole che l’esigibilità di accordi e contratti non sia a rischio: una volta approvati dalla maggioranza devono essere vincolanti per tutti i sindacati, non si deve quindi poter scioperare contro di essi e vanno previste adeguate sanzioni in caso contrario. Anche questo era nei patti di due anni fa. Ci sono dunque ancora nodi da sciogliere. Ma perdere questa occasione sarebbe davvero un peccato.