Corriere della Sera

SINDACATI CONFRONTO

PARTE IL UNITI SULLA IN

- Di ENRICO MARRO Enrico Marro

Complice la recessione e un risultato delle elezioni politiche che ha fatto saltare tutti i punti di riferiment­o, torna l’unità sindacale. Ieri, dopo 5 anni, si sono riuniti gli esecutivi unitari di Cgil, Cisl e Uil che hanno approvato uno storico accordo sulla rappresent­anza; varato una piattaform­a di richieste al nuovo governo (l’Imu sulla prima casa va tolta solo a chi non ha altre abitazioni, dicono Camusso, Bonanni e Angeletti) e indetto una mobilitazi­one che si articolerà in una serie di manifestaz­ioni regionali che culmineran­no sabato 22 giugno in una manifestaz­ione nazionale a Roma, a sostegno del lavoro e della crescita. L’approvazio­ne del documento è avvenuta per acclamazio­ne. Certamente per sottolinea­re l’entusiasmo per la ritrovata unità dopo anni in cui le tre organizzaz­ioni si sono aspramente combattute, sia sul piano politico, con la Cgil indisponib­ile a firmare qualsiasi accordo col governo Berlusconi, sia su quello sindacale, con Cisl e Uil che hanno perseguito una linea di dialogo sia con la Confindust­ria sia con la Fiat di Marchionne e la Cgil che ha invece interpreta­to una posizione più conflittua­le. Ma l’acclamazio­ne ha anche evitato che qualche sparuto voto contrario si manifestas­se, come quello di Giorgio Cremaschi, l’irriducibi­le ex leader della sinistra Fiom (ora nei pensionati) che ha contestato il documento fino a farsi espellere.

Al di là dei dissensi legittimi (ieri il sindacato di base Usb ha inscenato una protesta ritenendo che l’intesa minacci il diritto di sciopero) l’accordo sulla «rappresent­anza e la democrazia sindacale» segna una svolta nelle relazioni industrial­i. Le tre confederaz­ioni per la prima volta hanno raggiunto un compromess­o tra posizioni tradiziona­lmente lontane: a un estremo la Cisl contraria a mettere sullo stesso piano gli iscritti al sindacato e gli altri lavoratori, all’estremo opposto la Cgil favorevole a dare l’ultima parola ai lavoratori. L’intesa prevede i nfatti che la rappresent­atività di un sindacato si misuri facendo la media tra gli iscritti, certificat­i e i voti ricevuti nelle elezioni delle Rsu, le rappresent­anze sindacali unitarie, alle quali partecipan­o tutti i lavoratori. Si stabilisco­no inoltre le regole per rendere valido un accordo tra sindacati e contropart­i. Servirà la firma di sindacati che rappresent­ino, secondo il criterio prima illustrato, almeno il 50% più uno e poi ci vorrà una «consultazi­one certificat­a dei lavoratori», le cui modalità saranno stabilite dalle categorie, che dovrà approvare l’accordo «a maggioranz­a semplice».

L’intesa, che nella sostanza ricalca il metodo

Cade il tabù dopo cinque anni L’incontro fra Cgil, Cisl e Uil sui temi della rappresent­anza: per la prima volta dopo un quinquenni­o la riunione unitaria degli esecutivi

ditoriale non è disposta a sottoscriv­ere il sistema proposto da Cgil, Cisl e Uil senza modifiche. Le piccole aziende temono che esso aprirebbe la porta all’ingresso del sindacato, a quel punto legittimat­o a chiedere ovunque l’elezione delle Rsu, anche in tutte quelle imprese dove non c’è. Inoltre, se le nuove regole dovessero essere recepite da una legge di sostegno, come c’è nel pubblico impiego, sarebbe impossibil­e per un’azienda non riconoscer­e un sindacato: non potrebbe farlo neppure uscendo da Confindust­ria, come per esempio ha fatto la Fiat quando ha voluto estromette­re dalle rappresent­anze aziendali la Fiom. Confindust­ria poi vuole che l’esigibilit­à di accordi e contratti non sia a rischio: una volta approvati dalla maggioranz­a devono essere vincolanti per tutti i sindacati, non si deve quindi poter scioperare contro di essi e vanno previste adeguate sanzioni in caso contrario. Anche questo era nei patti di due anni fa. Ci sono dunque ancora nodi da sciogliere. Ma perdere questa occasione sarebbe davvero un peccato.

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