Quell’inutile ricorso alla fisiognomica
«Le labbra grosse dimostrano stoltizia, come scrisse Aristotele ad Alessandro. (…) Quei ch’han le labbra grosse (…) sono giudicati ignoranti, perché così sono quelli dell’Asino, della Simia. Agli Asini et alle Simie infatti le labbra di sotto sono più sporte di quelle di sovra». Lo spiegava Giovanni Battista Della Porta in «Della fisionomia dell’uomo» nel 1610. E a corredo delle sue teorie faceva dei disegni accoppiando le teste di uomini dal collo taurino con il bue, le teste di uomini dalla folta criniera e dalla folta barba con il leone e le teste degli uomini con gli occhi piccoli e il naso aguzzo con l’aquila e così via. E arrivava a teorizzare che l’uomo somigliante al bue fosse tonto, quello somigliante al leone regale e coraggioso, quello somigliante all’aquila acuto e dominatore…
Era tutto normale, una volta. Molti pittori scelsero ad esempio il nano come soggetto amatissimo e sono celeberrimi tra gli altri «Il nano Morgante» del Bronzino e «El Niño de Vallecas» e «El bufón don Sebastián de Morra» di Velazquez e la «Festa campestre» di Bamboccio e potremmo andare avanti all’infinito. E tutta la letteratura, soprattutto quella di corte ma non solo, è piena di nani. E tale era il loro successo negli spettacoli circensi che alcuni divennero famosissimi come «Le nain Marval» del Nouveau Cirque de Paris, il mitico Colibrì che faceva coppia fissa con l’amico Gigante spropositatamente alto o Mario Bolzanella e Lina Traverso che quando si sposarono finirono su tutti i giornali mentre si mettevano in posa davanti al tendone del circo dove lavoravano.
Forse si aggrappava a questa storia di millenaria e divertita inconsapevolezza, Dario Fo, ridendo con quella battuta dal sen fuggita su Renato Brunetta: «Se giura da ministro la prima cosa che faccio è cercare un seggiolino per poterlo mettere a livello, all’altezza della situazione. Oppure meglio una scaletta, così se la regola da sé». Ma era una battuta indecente. Nella scia di tante altre «spiritosaggini», prima fra tutte quella di Massimo D’Alema sull’ «energumeno tascabile». E il capogruppo del Pdl ha assolutamente ragione a offendersi e indignarsi. Si può dire e pensare tutto il peggio possibile del deputato veneziano, ma il diluvio online di battute e battutine e vignette che giocano solo sulla statura è infame.
Se è vero che la storia può essere maestra di vita, vale dunque la pena di ricordare agli spiritosoni almeno alcuni degli «immensi piccoli» della storia. Giacomo Leopardi, che scrisse poesie immortali, era alto un metro e 41 centimetri e tutto storto, come del resto sant’Ermanno «il rattrappito» che lasciò un capolavoro qual è il «Salve, Regína, / mater misericórdiae…». Antonio Gramsci, venerato dalla sinistra come uno dei massimi pensatori del Novecento, era un metro e 48. Napoleone Bonaparte era un metro e 55. Il Mahatma Gandhi un metro e 60. Wolfang Amadeus Mozart un metro e 52. Per non dire di Benito Juarez: non arrivava a un metro e 38 centimetri, ma per tutti i messicani è il Grande Padre della patria. Per carità, nessun paragone tra Brunetta e Mozart. Ma non sarebbe ora di smetterla con la fisiognomica?
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