Interventi & Repliche
Partito democratico: le priorità Nel suo editoriale sul Corriere del 21 aprile, Michele Salvati mette in luce l’esistenza all'interno del Pd di una divisione, di «un fossato», che separerebbe due grandi tradizioni politiche divergenti, quella socialdemocratica e quella liberaldemocratica. Salvati nota giustamente che questa distinzione esiste in tutte le principali forze politiche progressiste europee. Dimentica però di aggiungere un elemento fattuale importante, e cioè che quando questa differenziazione diventa una divaricazione vera e propria, allora la sinistra è destinata alla sconfitta. A parte la «vittoria di Pirro» dell'Unione in Italia, nel 2006, le forze democratiche e socialiste non vincono in Europa da circa un decennio, a eccezione della vittoria di Francois Hollande in Francia, un anno fa. Una delle forze di Hollande è stata proprio quella di superare la spaccatura tra l'ala sinistra e destra del partito e di offrire una sintesi tra quelle posizioni. Il Partito democratico è nato proprio per questo, perché pensava che fosse non solo possibile ma anche auspicabile cercare la quadra tra la cultura socialdemocratica e quella liberaldemocratica. E questa è, a mio avviso, ancora oggi la vocazione di noi democratici. Questa sintesi va fatta perché la vecchia ricetta keynesiana non sembra più adeguata, soprattutto alla luce dell'alto debito pubblico. Ma anche la cultura liberaldemocratica, soprattutto nelle sue versioni più liberiste, ha bisogno di temperare i suoi eccessi mercatisti. Per questo ritengo che sia oggi necessario che anche all'interno del Pd emergano posizioni di saldatura e di unità in grado di fare parlare e unire queste due culture politiche. Questo è per me il riformismo. Il riformismo del Pd non deve restare però sulla carta ma deve tradursi in fatti concreti. Questo vuole dire introdurre nel nostro Paese un sistema di flexisecurity autentico, ad esempio. Vuole dire sperimentare forme di innovazione del welfare. Vuole dire porre fine a quel sacrificio del lavoro, perduto sull’altare del capitalismo finanziario. Vuole dire anche riconoscere che a livello nazionale lo spazio per allargare i cordoni della borsa è divenuto esiguo. Perciò è urgente un’iniziativa europea per rilanciare gli investimenti, ponendo fine alle politiche di austerità e facendo leva sulla spesa pubblica, a livello dell'Unione Europea. Se c'è un terreno su cui le tradizioni politiche liberaldemocratica e socialdemocratica possono incontrarsi, questo è proprio l'Europa. La battaglia per costruire gli Stati Uniti d’Europa deve essere la priorità del nuovo Partito democratico. Anche questo impegno è parte del fine e del senso della mia candidatura alla segreteria del Pd.
Gianni Pittella, vicepresidente vicario Parlamento Europeo