CACCIA GROSSA AL BOSONE DI HIGGS
«Ne l Duemil a , inaspettato (ma fino ad un certo punto), arrivò il colpo di scena, quello che mi avrebbe fatto penare e mi avrebbe mostrato la faccia più difficile del potere nella ricerca».
Luciano Maiani, dopo aver guidato l’Istituto nazionale di fisica nucleare italiano, era da tre anni al governo del Cern, il centro europeo di Ginevra, e ancora nel 1994 la comunità dei fisici europei aveva deciso durante un convegno a Losanna la costruzione di una nuova macchina acceleratrice per esplorare quel «deserto» che qualcuno ipotizzava esserci dopo i risultati ottenuti fino a quel momento nel mondo dell’infinitamente piccolo. In realtà c’erano almeno due obiettivi che si volevano conquistare per dare compiutezza al disegno della natura (il modello standard) fino allora concepi- denzialmente Susy (da Super Symmetry). Per conquistare i due obiettivi occorreva, però, una macchina ben più potente del Lep ottenibile scontrando fra loro nuvole di protoni con una tecnologia mai impiegata in grandi dimensioni e ricreando l’energia sprigionata una frazione di secondo dopo il Big Bang, quando l’universo ebbe origine. Concepita agli inizi degli anni Ottanta, il suo grande sostenitore divenne Carlo Rubbia, appena approdato alla direzione del Cern, conseguito il Premio Nobel. Ovviamente anche gli americani puntavano allo stesso obiettivo e si mettevano all’opera avviando la realizzazione di un super acceleratore addirittura più grande e potente di quello allo studio a Ginevra. La sorte non era comunque benigna. Si scavava un tunnel in Texas per ospitarlo ma i costi fuori controllo spinsero il presidente americano Bill Clinton a cancellarlo lasciando i fisici d’oltreoceano smarriti e consapevoli di aver imboccato la via di un temporaneo tramonto in favore dell’Europa.
Altrettanto, nel laboratorio a cavallo tra Francia e Svizzera, non tutto filava liscio: i bilanci scricchiolavano, il ritardo si accumulava. Maiani dedica un puntiglioso resoconto per dimostrare valutazioni iniziali improprie, qualche mancata decisione opportuna e, infine, il riassetto dell’ambizioso progetto. Lo spettro americano era stato allontanato. Quando tuttavia si trattò di avviare la costruzione di Lhc le resistenze di coloro che volevano far sopravvivere la vecchia macchina Lep rimanevano notevoli. «Feci mettere a verbale — scrive Maiani — che, se la situazione non si fosse risolta in una settimana, sarei sceso con il tronchese nel tunnel per porre personalmente fine ad ogni possibile equivoco». Così si arrivò al giorno dell’accensione, il 10 settembre 2008, seguendo, tutti con il cuore in gola, i primi passi del viaggio iniziale dei protoni sconfiggendo il fantasma della creazione di un buco nero e conseguente fine del mondo che il lato oscuro di Internet aveva diffuso. Il 4 luglio 2012 il famoso annuncio atteso da mezzo secolo: il bosone di Higgs era stato catturato. «Ma è solo il primo passo verso una nuova fisica», conclude Luciano Maiani nel suo libro che ben documenta una grande impresa della scienza e della tecnologia europee, soddisfatto di aver pilotato verso il ritorno nel Vecchio Continente il fulcro della fisica mondiale. E così sarà per decenni.