Raschi, miseria e poesia del ciclismo
Bruno Raschi, uno dei più grandi giornalisti italiani, straordinario scrittore di sport e di ciclismo, è morto il 2 maggio 1983 a sessant’anni. Dopo aver insegnato italiano e latino, si era lasciato conquistare dal giornalismo ed era entrato a Tuttosport, prima di passare alla Gazzetta dello Sport nell’ottobre 1959. Nel 1976, Gino Palumbo lo aveva voluto accanto a sé, come vicedirettore. Giro d’Italia, Tour de France, le grandi classiche: il ciclismo era la sua passione (da Coppi a Moser e Saronni), perché «i ciclisti sono personaggi strani, carichi di miseria e di poesia; il Giro è il loro immenso teatro, la loro opera umana una poesia di versi strani». Questa mattina, la figura di Bruno Raschi verrà ricordata a Borgotaro, dove era nato nel 1923, perché, come ha spiegato il sindaco, Diego Rossi, «Raschi ha saputo dare tantissimo al giornalismo sportivo, ma chi ha avuto il piacere di leggere i suoi scritti vi ritrova anche un cantore delle gesta umane, uno stile che ha fatto scuola». Fra le iniziative della comunità borgotarese e della Provincia di Parma, la presentazione della riedizione del libro «Ronda di notte», una antologia di racconti (non solo di sport) scritti da Raschi durante Giro e Tour, spesso di notte. Il libro, pubblicato nel 1984, da anni era introvabile; questa nuova edizione è stata possibile, grazie al lavoro fatto da Beppe Conti, che per trentacinque anni ha seguito tutte le più importanti corse ciclistiche per Tuttosport. Come il maestro a inizio carriera.