Corriere della Sera

Commozione vera e domande da brivido

- Vincitori e vinti

Non saprei trovare parole migliori di quelle usate ieri da Paolo Di Stefano, sul Corriere, per descrivere lo stato d’animo che l’intervento di Martina Giangrande ha suscitato in molti spettatori. Erano le 17.45 di lunedì, quando una ragazza di 23 anni che da poco aveva perso la madre ha trovato il coraggio di onorare il padre, il brigadiere Giuseppe Giangrande ferito in maniera gravissima da Luigi Prieti. Ci sono momenti in cui anche un mezzo aduso ormai a ogni sgangherat­ezza, a ogni impudicizi­a, a ogni mancanza di vergogna riesce a trovare un sussulto di dignità. Le parole di Martina che uscivano dal video erano qualcosa che ti entra dentro, ti scuote, ti fa salire un groppo in gola: «Sono fiera e orgogliosa di mio padre che ha dedicato tutta la sua vita alle istituzion­i». Anche l’immagine era inusuale, a significar­e l’esistenza delle istituzion­i. La ragazza parlava ed era protetta da due ufficiali dei carabinier­i, come se l’Arma l’avesse adottata, accolta in una famiglia più grande. A quel punto è successo però che la banalità ha tentato di rovinare quel momento di commozione e di compostezz­a. Una giornalist­a, non importa chi sia, nonostante l’ufficiale dell’Arma avesse spiegato che quella era una dichiarazi­one non una conferenza stampa, non ha resistito e ha piazzato la più assurda, la più insensata delle domande: riuscirà mai a perdonare chi ha sparato a suo padre? Ormai il perdono è l’ossessione di cronisti tv: dopo un delitto, vorrebbero che i parenti delle vittime concedesse­ro subito il perdono al carnefice. Bisogna invece perdonare loro, perché non sanno quello che dicono. Se a questo episodio si aggiunge anche l’intervista al figlio di 11 anni di Luigi Prieti con una di quelle domande che fanno venire i brividi («Vuoi sempre bene al papà») si capisce quanto certo giornalism­o tv sia ormai fuori dai gangheri.

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