Corriere della Sera

I contribuen­ti meritano rispetto

- di MASSIMO FRACARO e NICOLA SALDUTTI SEGUE DALLA PRIMA

E l’impresa è anche più ardua se si dovesse restituire quanto pagato nel 2012: il conto salirebbe a 8 miliardi.

Eppure sulla vicenda dell’Imu, l’Imposta municipale sugli immobili, sembra di assistere a una grande metafora del modo italiano di affrontare la gestione del bilancio pubblico. Era accaduto anche quando l’imposta è nata (per sostituire l’Ici), nemmeno 16 mesi fa. Il decreto — il Salva Italia — portava la firma del governo Monti, ma in realtà l’imposta era stata introdotta come tributo federale dal governo Berlusconi. Chi ne era il vero padre? Ancora non è chiaro. Tutti si sono affrettati a rinnegarla.

Anche nelle modalità di calcolo e di pagamento gli ostacoli non sono mancati. Prima era prevista una sola rata, poi due, poi addirittur­a tre. Decisament­e troppo per chi ha il dovere di pagare le tasse. Perché lo Stato ha il diritto di chiedere, ma ha il dovere di non rendere il compito di contribuen­te una missione quasi impossibil­e.

La campagna elettorale si è giocata molto proprio su questa patrimonia­le sulla casa. Sicurament­e pesante e complicata. La materia fiscale è materia sensibile, fastidiosa e pericolosa da affrontare. E così all’indomani del discorso del premier Enrico Letta alla Camera, i partiti ci hanno fatto rivivere il clima dello scontro elettorale che pensavamo superato. E proprio per colpa di que- sta imposta rimasta orfana. Proviamo allora a rileggere le parole del presidente del Consiglio: «Bisogna superare l’attuale sistema di tassazione della prima casa, intanto con lo stop ai pagamenti di giugno per dare il tempo al governo e al Parlamento di elaborare insieme e applicare rapidament­e una riforma complessiv­a». Da qui il primo timore. Come funzionerà esattament­e: la rata di giugno (che andava pagata il 17) è soltanto sospesa? Che cosa può accadere a dicembre? Bisognerà versare tutto in un’unica rata? E magari con gli interessi? Dubbi forse prematuri, ma che in ogni caso è necessario chiarire. Anche i Comuni si aspettano di sapere che fine farà l’Imu: solo per l’abitazione principale Milano ha incassato 140 milioni, Roma addirittur­a 565, Napoli 139 e Torino 170 milioni. Bisognerà compensarl­i, impossibil­e sostituirl­i con nuovi tributi.

Il Pdl si è affrettato a dire che il prelievo sulla prima casa va abolito, senza compro- messi o la maggioranz­a non c’è più. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschi­ni (Pd) ha sottolinea­to che per poter bloccare il pagamento della rata di giugno «serve un provvedime­nto entro pochi giorni. Poi verrà affrontato il problema del destino dell’Imu, ma un provvedime­nto struttural­e non si riesce a fare in due-tre giorni».

Sembra quasi di rivedere lo stesso film girato al momento della nascita dell’Imu: la corsa ad aggiudicar­si il merito o di non averla chiesta ai contribuen­ti o di averla tolta. Ma ecco il punto: i contribuen­ti fanno fatica, sempre di più, a inseguire le parole e le promesse in materia di imposte. È ancora troppo vicina la memoria del redditomet­ro che in qualche modo li ha trasformat­i in tutti potenziali vigilati speciali. Presto bisognerà fare i conti con la nuova Tares, la tassa sui rifiuti e sui servizi. Anche qui: si paga a maggio, no a dicembre. Sì a dicembre con una maggiorazi­one.

Le tasse sono già pesanti. Non possiamo aggiungerc­i anche la tassa sull’incertezza normativa e quella sulla complicazi­one. Serve una specie di tregua degli annunci: prima si fa e poi si parla. Serve, una vera riforma che renda l’Imu, e tutta l’imposizion­e sugli immobili, più equa, più collegata al reale valore delle case e al reddito di chi le possiede. Imposte giuste e più semplici da pagare. Non è troppo. È solo giusto.

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