SPRECHI E SCORCIATOIE
Un’email è ( in apparenza) un modo facile e diretto per dialogare. Il modo più veloce per raggiungere il destinatario. Ma può anche rivelarsi una beffa. Così anche la macchina dello Stato sta cercando di adeguarsi a questa nuova forma di politica condivisa. Il premier Matteo Renzi, nel giorno dell’annuncio del Def (il Documento di Economia e Finanza), che prevede tagli per 4,5 miliardi, ha fatto un passo in questa direzione: perché non chiedere direttamente ai cittadini che cosa taglierebbero nel mare magnum degli 800 miliardi di spesa pubblica?
Per gli italiani non è una novità. Almeno due sono i precedenti. Il primo quando si pensò di far arrivare al 117 della Guardia di finanza le segnalazioni di chi riteneva di essere di fronte a una possibile evasione fiscale. Il secondo è molto più recente. Nel maggio 2012 il governo Monti ha allargato il campo, invitando questa volta a indicare i disservizi dello Stato e della Pubblica amministrazione.
In un mese arrivarono 150 mila segnalazioni. Fu un record, tanto che il sito di Palazzo Chigi andò in tilt per due volte. Dentro quei messaggi di posta elettronica c’era una prima radiografia dell’Italia sprecona vista dai cittadini. Non mancavano gli sfoghi, i tentativi di delazione gratuita. Ma quella pioggia di messaggi era lì a indicare che il Paese era pronto a rispondere e a fare la sua parte.
Renzi ci riprova alla sua maniera. Arriva subito al punto e annuncia una campagna online chiedendo direttamente: «E tu che cosa taglieresti? La richiesta, ancora più esplicita, è simile: fornire indicazioni su sprechi, enti inutili, privilegi odiosi, pasticci amministrativi. Come dire: tutto quello che agli occhi dei cittadini non funziona ed è di troppo. Un nuovo osservatorio in tempo reale della mala amministrazione.
L’energia del premier è conosciuta e riconosciuta. Certo, probabilmente nello stesso Stato, nei Comuni, nelle Regioni sono fin troppo chiari i meccanismi inceppati, i privilegi, il denaro male utilizzato, le distorsioni che potrebbero e dovrebbero essere corrette senza danni, anzi a vantaggio di tutta la cittadinanza.
È prevedibile che la risposta sia altrettanto vigorosa da parte degli italiani come accadde due anni fa. Ma la vera sfida è trasformare il lamento, la delusione, anche la rabbia, in provvedimenti, circolari, decreti legge e ministeriali, disegni di legge. Può essere considerato un buon risultato riuscire a tracciare una fotografia dettagliata e capillare di quanto si chiede allo Stato. E sarebbe positivo nell’Italia delle commissioni senza fine. Ma non basterebbe.
I due precedenti impongono che il tutto non si concluda con un bel rapporto di fine lavoro ricco di tabelle e numeri. Ci si dovrà fare carico di quanto di buono ci potrà essere nei suggerimenti e trasformarli in efficace attività di governo rapidamente. Il passo avanti è possibile purché non sia solo buona comunicazione ma vero dialogo tra politica e società civile. Pena una difficilmente recuperabile delusione.