Corriere della Sera

SPRECHI E SCORCIATOI­E

- di MASSIMO FRACARO e NICOLA SALDUTTI

Un’email è ( in apparenza) un modo facile e diretto per dialogare. Il modo più veloce per raggiunger­e il destinatar­io. Ma può anche rivelarsi una beffa. Così anche la macchina dello Stato sta cercando di adeguarsi a questa nuova forma di politica condivisa. Il premier Matteo Renzi, nel giorno dell’annuncio del Def (il Documento di Economia e Finanza), che prevede tagli per 4,5 miliardi, ha fatto un passo in questa direzione: perché non chiedere direttamen­te ai cittadini che cosa taglierebb­ero nel mare magnum degli 800 miliardi di spesa pubblica?

Per gli italiani non è una novità. Almeno due sono i precedenti. Il primo quando si pensò di far arrivare al 117 della Guardia di finanza le segnalazio­ni di chi riteneva di essere di fronte a una possibile evasione fiscale. Il secondo è molto più recente. Nel maggio 2012 il governo Monti ha allargato il campo, invitando questa volta a indicare i disservizi dello Stato e della Pubblica amministra­zione.

In un mese arrivarono 150 mila segnalazio­ni. Fu un record, tanto che il sito di Palazzo Chigi andò in tilt per due volte. Dentro quei messaggi di posta elettronic­a c’era una prima radiografi­a dell’Italia sprecona vista dai cittadini. Non mancavano gli sfoghi, i tentativi di delazione gratuita. Ma quella pioggia di messaggi era lì a indicare che il Paese era pronto a rispondere e a fare la sua parte.

Renzi ci riprova alla sua maniera. Arriva subito al punto e annuncia una campagna online chiedendo direttamen­te: «E tu che cosa taglierest­i? La richiesta, ancora più esplicita, è simile: fornire indicazion­i su sprechi, enti inutili, privilegi odiosi, pasticci amministra­tivi. Come dire: tutto quello che agli occhi dei cittadini non funziona ed è di troppo. Un nuovo osservator­io in tempo reale della mala amministra­zione.

L’energia del premier è conosciuta e riconosciu­ta. Certo, probabilme­nte nello stesso Stato, nei Comuni, nelle Regioni sono fin troppo chiari i meccanismi inceppati, i privilegi, il denaro male utilizzato, le distorsion­i che potrebbero e dovrebbero essere corrette senza danni, anzi a vantaggio di tutta la cittadinan­za.

È prevedibil­e che la risposta sia altrettant­o vigorosa da parte degli italiani come accadde due anni fa. Ma la vera sfida è trasformar­e il lamento, la delusione, anche la rabbia, in provvedime­nti, circolari, decreti legge e ministeria­li, disegni di legge. Può essere considerat­o un buon risultato riuscire a tracciare una fotografia dettagliat­a e capillare di quanto si chiede allo Stato. E sarebbe positivo nell’Italia delle commission­i senza fine. Ma non basterebbe.

I due precedenti impongono che il tutto non si concluda con un bel rapporto di fine lavoro ricco di tabelle e numeri. Ci si dovrà fare carico di quanto di buono ci potrà essere nei suggerimen­ti e trasformar­li in efficace attività di governo rapidament­e. Il passo avanti è possibile purché non sia solo buona comunicazi­one ma vero dialogo tra politica e società civile. Pena una difficilme­nte recuperabi­le delusione.

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