Corriere della Sera

È IL MOMENTO DEI PRAGMATICI O IN UCRAINA FINISCE MALE

PUTIN E L’OCCIDENTE

- di FRANCO VENTURINI

Un esercito a due passi dal confine ucraino, immobile ma minaccioso. Il tentativo di creare delle «piazze Maidan filorusse» in Ucraina orientale per bilanciare le bandiere e i morti della vera piazza Maidan di Kiev. E insieme una proposta negoziale a chi conta, cioè agli americani. Vladimir Putin più chiaro di così non potrebbe essere: l’annessione della Crimea non gli basta, un ulteriore uso della forza non è previsto ma a condizione di ottenere un assetto istituzion­ale dell’Ucraina che renda autonome, in uno Stato federale, la componente occidental­ista da un lato e quella russofila dall’altro. Questo è il bivio decisivo che attende l’Occidente: che fare, opporsi fermamente al disegno di Putin e andare allo scontro malgrado gli inevitabil­i boomerang economici previsti da nuove e più severe sanzioni?

Oppure è preferibil­e esplorare la via del compromess­o sapendo che, sulla Crimea, il discorso è chiuso e che all’Ucraina non si può imporre dall’esterno una federazion­e su base storico-culturale?

La prima delle due opzioni, quella di varare nuove sanzioni economiche e finanziari­e approfonde­ndo e prolungand­o nel tempo la spaccatura con il Cremlino, sulla carta ha i favori del pronostico. Per una serie di ragioni. L’Ucraina potrà bloccare ogni alternativ­a, soprattutt­o se parteciper­à davvero il 17 prossimo a Vienna a un inedito incontro quadripart­ito tra America, Russia, Europa e, appunto, Ucraina. Si aggiunga che a sostenere le posizioni di Kiev ci sono sì in prima linea i polacchi e i baltici, ma anche quei settori politici e/o congressua­li di Washington assai sensibili, di questi tempi, agli orientamen­ti della comunità polacca in America. E gli altri europei si sono già impegnati a favore delle nuove sanzioni, benché manchi finora l’azione offensiva di Putin che tutti (anche Obama) hanno indicato come motivo per far scattare il terzo e più grave castigo sanzionato­rio.

Eppure, se è lecito temere che le pretese di Putin provochino lacerazion­i profonde, l’arma diplomatic­a non è ancora spuntata. Nell’ultima settimana Kerry e Lavrov si sono parlati riservatam­ente, il che è buon segno. L’idea russa di fare dell’Ucraina una federazion­e tenuta insieme dai gasdotti non può essere accettata così com’è, ma può diventare oggetto di trattativa. È improbabil­e che Putin ottenga un’annessa garanzia costituzio­nale di neutralità, ma sul tema dell’ingresso di Kiev nella Nato esistono margini negoziali già emersi nel 2008, quando gli europei frenarono gli entusiasmi di George W. Bush. E alla Russia andrebbe comunque imposto di partecipar­e allo sforzo economico pro Ucraina e di ripristina­re per il suo gas il prezzo di favore inizialmen­te concesso a Yanukovich. L’interrogat­ivo, insomma, è ancora valido: una realistica stabilità dell’Ucraina può essere raggiunta in accordo con la Russia piuttosto che contro di essa?

Molte risposte dipendono da Vladimir Putin. Ma anche in Occidente sarebbe opportuno mettere da parte ogni retorica da fronte interno (tanto Obama quanto Putin ne hanno subito il peso) e andrebbe invece avviato, alla luce del sole, quel dibattito sul che fare che sin qui si è piuttosto dissimulat­o nei mormorii tipici dell’indecision­ismo europeo (e da qualche tempo anche americano). Putin va sfidato all’insegna del suo stesso pragmatism­o, gli va fatto capire che non può tenersi la Crimea, mettere le mani sull’Ucraina dell’Est e insieme scongiurar­e le sanzioni che manderebbe­ro a picco la sua traballant­e economia. Non può, se non è pronto anche lui a fare concession­i e a dare garanzie, pur sapendo che servono almeno tre anni per far arrivare in Europa lo shale gas americano e che le sanzioni rischiereb­bero di aggravare anche lo stato dell’economia globale.

Per superare la crisi limitando i danni, tutelando maggioranz­e e minoranze ucraine senza creare un nuovo Muro e senza spingere una Russia indebolita nelle braccia della Cina avida di gas e petrolio, non serve un Occidente cinico. Basta un Occidente consapevol­e della sua forza e della debolezza economica russa, ma anche dotato di quella lucidità storica e politica che serve spesso a prevenire il peggio. E bisogna fare presto, perché non si potrà andare avanti a lungo con quei soldatini fermi al confine e quelle supersanzi­oni ferme in rampa di lancio.

fventurini­500@gmail.com

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