I RITARDI DELLA POLITICA
La Corte costituzionale, dichiarando illegittimo il divieto di fecondazione eterologa, ha fatto cadere non solo uno degli ultimi limiti imposti dalla discussa legge 40 sulla procreazione assistita, ma quello con il maggior valore simbolico. Al di là delle motivazioni della decisione, che si apprenderanno quando saranno depositate, la sensazione, da cittadini, è che sia stato preso atto che la norma, comunque la si volesse giudicare, era nei fatti discriminatoria e per di più sulla base, odiosa, del censo.
Non è necessario invocare la giurisprudenza, basta il buon senso, per giudicare non equo un divieto che poteva essere aggirabile, a condizione di potersi permettere uno o più «viaggi della speranza procreativi» all’estero. Il pronunciamento della Consulta non è però significativo solo per questo, ma anche perché segna uno scatto, e uno scarto, nei confronti dei ritardi della politica nel rispondere alle domande e alle esigenze suscitate dai mutamenti che l’evoluzione scientifica continuamente impone a livello sociale.
Si tratta, beninteso, di un ritardo in certa misura fisiologico e persino opportuno, perché è sacrosanto che i decisori pubblici abbiano il tempo di soppesare benefici e rischi delle nuove opportunità offerte dalla scienza sul tessuto sociale, sul diritto e sulla sicurezza dei cittadini. Tuttavia, quando il ritardo è eccessivo può dare adito a fenomeni che creano sconcerto, come quello rappresentato dal fatto che sempre più spesso siano organi diversi dal Parlamento, come i giudici, a farsi interpreti di richieste (non sempre legittime) di singoli cittadini su temi drammatici che attengono all’area della salute. L’auspicio, dopo la decisione della Consulta, « è che la politica prenda atto di questo iato e torni prontamente a occupare il posto e il ruolo che le spettano e che gli elettori le hanno assegnato a questo scopo». Il Parlamento viene da ieri sollecitato a prendere atto, ancora una volta, che su temi sensibili e difficili come quelli che attengono alla bioetica è necessario dotare il Paese di «binari» solidi.
Nel caso specifico si potrà obiettare che la legge 40 è stata votata da un Parlamento liberamente eletto e che il referendum per la sua abrogazione è stato altrettanto liberamente disertato dagli aventi diritto al voto. È verissimo e questo non può e non dev’essere dimenticato nelle prossime discussioni sull’argomento. Così come dovrà essere disposta senza tentennamenti la regolamentazione di tutti gli aspetti problematici (non sono pochi e sono importanti) della fecondazione eterologa, nonché affrontato con granitica fermezza un eventuale rischio di commercio dei gameti (ancora più odioso della discriminazione per censo nella possibilità di accedere all’eterologa), paventato da più d’una voce. Quello che, comunque, c’è da augurarsi è che la decisione della Consulta sia una sfida che venga raccolta dalla classe politica per coniugare maggiore consapevolezza, preparazione e prontezza di fronte alle possibilità che pone il progresso. Non per accettarle supinamente, ma nemmeno per ignorarle. Servirebbe a poco e per poco.