La telefonata di Alfano e il cantiere della federazione
ROMA — Si è ripromesso di sentirlo in queste ore così difficili, perché «davvero vorrei essergli al fianco», perché «il mio affetto nei suoi confronti è rimasto immutato», perché le asprezze della politica non possono far velo sulle relazioni personali, per quanto logorate da un divorzio traumatico. E poco gli importa cosa diranno «gli altri», in che modo commenteranno la sua decisione: Alfano intende chiamare Berlusconi per manifestargli la «solidarietà sincera» di chi non ha cambiato idea sulla «sentenza ingiusta» di cui il Cavaliere «è rimasto vittima», per le «amarezze» che quel verdetto sta per provocargli.
In quel momento il resto non conterà, sebbene l’ex premier e il suo ex delfino siano oggi divisi da tutto e su tutto, e i rispettivi partiti si preparino a uno scontro elettorale che rischia di trasformare un solco in una trincea invalicabile. Perché è vero che Forza Italia e Ncd si dovranno sfidare nelle urne, ma a più di un mese dalle elezioni la competizione è già trascesa, scatenando una rissa da osteria in quel che un tempo è stato il centrodestra.
Ieri Gasparri ha dileggiato la Meloni con la quale per anni ha militato in An e poi nel Pdl; Toti ha definito Alfano un «cagnetto che ringhia per paura», con un linguaggio che a Bondi — fedelissimo del Cavaliere — appare «inappropriato»; Berlusconi è dovuto intervenire a nome di Forza Italia per porre l’ultimatum agli eretici di Forza Campania, mentre nei gruppi parlamentari azzurri si continua a malignare sui motivi che hanno trasformato «un falco in colomba» verso il nuovo governo, ribattezzato «Renzini» perché frutto di un incrocio tra Renzi e Verdini.
Sono tutti segnali che — secondo Bondi — testimoniano il «fallimento» di un’espe-
rienza politica durata venti anni: «Si è dimostrata l’assenza di una comunità». Nessuno può ritenersi esente da colpe, eppure in molti sono all’opera per rimettere insieme i cocci di una coalizione, compreso Berlusconi.
In questi giorni — nei rari momenti in cui si è dedicato alla politica — l’ex premier ha spiegato che «in futuro bisognerà lavorare a una nuova federazione del centrodestra». «Niente partito unico», ha precisato il Cavaliere: «Non ci sono le condizioni per farlo. Eppoi è una soluzione che non va. Il Pdl si è rivelato un fallimento». Ma un rassemblement è possibile, anzi è necessario, così ha detto pubblicamente il capogruppo azzurro Romani l’altro ieri a un convegno con i «cugini» di Ncd: «Dobbiamo tornare a stare insieme, perché voi siete debolissimi al governo e noi siamo debolissimi all’opposizione». «Insieme eravamo fortissimi al governo», gli ha risposto Schifani.
È lì che si è aperta la faglia, e in molti oggi dentro Forza Italia riconoscono l’errore di aver tolto la fiducia al gabinetto Letta, che ha aperto poi la strada a Renzi. Lo stesso Romani ha rivelato di averne fatto cenno tempo addietro a Berlusconi, trovando nel Cavaliere «grande attenzione» alle sue considerazioni. Ma ormai il vaso è stato rotto, ed è sul futuro che si concentrano i tentativi di rimettere a posto i cocci, sebbene — come sottolinea Quagliariello — «l’approccio politico dialogante di Forza Italia a Roma si scontra con le mosse sul territorio, che rivelano un intento diverso».
Il «caso Piemonte» — dove il centrodestra si appresta a presentarsi diviso — è quello più emblematico, e porta il primo cittadino uscente di Pavia a esprimere «grande rammarico» per l’occasione persa. Anche perché il trentenne Cattaneo, «promosso» nel frattempo da Berlusconi ai vertici nazionali del partito, si è ricandidato a sindaco con l’appoggio di tutto il centrodestra. Lo scambio di sms con Alfano più che descrivere la bontà dei rapporti personali, è un segno — a suo dire — della «necessità e volontà di costruire al più presto un’alleanza che alle prossime elezioni sia in grado di sfidare Renzi».
Quel Renzi per il quale Berlusconi aveva fatto sapere di essersi preso una «cotta», facendo intuire quale fosse la sua pazza idea: affidare all’allora sindaco di Firenze la propria eredità elettorale. Ma Renzi non ha mai pensato di accettare quell’eredità. Lui vuole prendersela. Glielo spiegò il giorno in cui il leader del Pdl lo ospitò ad Arcore. Ecco qual è la sfida che attende il centrodestra di governo e di opposizione nelle ore più buie di Berlusconi.
La rissa continua Ma nel centrodestra è rissa. Toti: Angelino è un cagnetto che ringhia per paura