Sotto processo per tentato omicidio
altrimenti non sarà diversa dai suoi colleghi maschi». I commissari dicono che non è colpa degli agenti e puntano il dito contro un budget federale che prevede 6 miliardi di dollari per l’esercito e appena 686 milioni per la polizia. Ma l’avvocato della Corte suprema Feisal Naqvi afferma che è troppo facile usare il sistema di denunce alla polizia per mettere sotto pressione un rivale in dispute e vendette personali, poiché viene dato troppo peso alle affermazioni degli accusatori, anche in assenza di prove. I media criticano anche il giudice che ha lasciato uscire Musa su cauzione anziché assolverlo subito, visto che la legge fissa a 12 anni l’età minima di responsabilità penale (tranne nei casi di terrorismo).
Non è una sorpresa che in Pakistan i bambini, per ragioni diverse, non godano di grandi tutele: da Malala, la quindicenne che i talebani hanno tentato di uccidere perché difendeva il diritto delle ragazze a studiare, ad Aitzaz Khan, un suo coetaneo sciita che a gennaio ha sacrificato la vita pur di fermare un kamikaze. Circola su Twitter la foto di un soldato che perquisisce un bambino nell’irrequieto Belucistan, mentre gli artisti nel nord del Paese hanno creato una gigantografia di un ragazzino visibile ai droni Usa per ricordare i 200 minorenni vittima di bombardamenti dal 2004 a oggi.
Quanto a Musa, ora vive in clandestinità. «La polizia è vendicativa — dice nonno Muhammad —. Il caso di mio nipote è diventato una questione personale per loro, e io intendo proteggerlo».