Corriere della Sera

«Tremila euro e la cartella spariva» Mazzette a Equitalia

- Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

ROMA — Bastava pagare, le tariffe andavano dai 3mila ai 13mila euro. Soprattutt­o bastava rivolgersi ai funzionari giusti. Mentre milioni di cittadini fanno la fila per cercare di trovare un accordo con Equitalia o per saldare il proprio debito, altri versano «mazzette» e chiudono il conto. Non sono pochi. Gli otto arresti scattati ieri per ordine del giudice di Roma — oltre al dipendente Salvatore Fedele e a sua moglie Luisa Musto ci sono imprendito­ri e commercial­isti, accusati di corruzione, concussion­e, bancarotta, riciclaggi­o e truffa aggravata — potrebbero essere soltanto i primi. Perché gli specialist­i del Nucleo Valutario della Guardia di Finanza hanno già scoperto oltre 3.000 interrogaz­ioni abusive al sistema informatic­o fatte proprio da Fedele su altri 400 soggetti, probabilme­nte persone intenziona­te ad «aggiustare» la propria posizione. E perché altri impiegati potrebbero aver usato lo stesso meccanismo per arrotondar­e il proprio stipendio. Ieri hanno subito una perquisizi­one il direttore di Equitalia Lazio Alessandro Migliaccio e quello della Calabria Giovanbatt­ista Sabia. Il «buco» da 17 milioni di euro per la mancata riscossion­e delle cartelle esattorial­i scoperto finora potrebbe arrivare addirittur­a al doppio, oltre 35 milioni di euro. Nell’ordinanza di cattura il giudice lo dice chiarament­e: «La condotta illecita è inserita in una apparente, ma anche verosimile e concreta area di illegalità generalizz­ata all’interno della struttura di Equitalia con favoritism­i e discrimina­zioni diffuse a tutti i livelli». Del resto già nei mesi scorsi un’altra inchiesta aveva svelato l’esistenza di un giro di tangenti per «pilotare» le pratiche ma evidenteme­nte ciò non è stato sufficient­e per far scattare controlli adeguati a prevenire gli illeciti.

Le cinque mosse per non fare fallimento

Le verifiche partono circa due anni fa. Indagando sull’attività di alcuni imprendito­ri, gli investigat­ori guidati dal generale Giuseppe Bottillo scoprono i rapporti sistematic­i che hanno con i dipendenti di Equitalia, in particolar­e con Fedele. Gli intermedia­ri sono due: il commercial­ista Domenico Ballo e l’ex funzionari­o Roberto Damassa. Il giochetto è semplice: mazzette per azzerare debiti che in alcuni casi superano addirittur­a i 10 milioni di euro. I colloqui intercetta­ti appaiono eloquenti. Il 7 giugno 2012 Ballo chiama Fedele.

Ballo: «Quella cosa che mi dicesti, di quel cliente, di quelle quattro società... tu casomai dovesse andare in porto.. poi chiarament­e ci mettiamo...».

Fedele: «Tu nun te preoccupa’». Il riferiment­o è a quattro cooperativ­e — Aloha Service, Power Service , Joy Service e Aura Service — travolte dalle contestazi­oni di Equitalia che vogliono evitare il fallimento. E ci riescono, seguendo il «progetto fraudolent­o» indicato proprio da Fedele che il giudice riassume così: «Viene presentata la richiesta di rateizzazi­one e pur non avendo i requisiti necessari si ottiene la dilazione di pagamento nel limite massimo di 72 rate; si pagano le prime rate esclusivam­ente per non decadere dal beneficio; si mette in liquidazio­ne la società e si affida la carica di liquidator­e a un prestanome nullatenen­te; si effettua la cancellazi­one dal Registro delle imprese per vanificare qualsiasi pretesa erariale; si fa un monitoragg­io della posizione debitoria delle cooperativ­e per prevenire oppure ostacolare eventuali procedure esecutive».

La cancellazi­one delle ipoteche

Il 3 ottobre scorso Fedele viene convocato in procura per decisione del procurator­e aggiunto Nello Rossi e dei sostituti Francesca Loy e Stefano Fava. All’interrogat­orio partecipa anche il colonnello del Valutario Pietro Bianchi che ha analizzato ogni fase della sua attività. Il funzionari­o ammette di aver preso «mazzette», sembra che cominci a collaborar­e. In realtà la sua attività illecita

Le ipoteche cancellate Alcuni «clienti» accettano di versare la tangente per il sogno di tutti quelli che hanno conti aperti: togliere l’ipoteca sugli immobili

Il patrimonio sospetto L’impiegato arrestato e sua moglie, che lavora in un supermarke­t, avevano accumulato un patrimonio di 700 mila euro

pare intensific­arsi. Il funzionari­o si occupa delle grandi aziende, ma anche di pratiche più modeste. Soprattutt­o realizza per alcuni «clienti» che accettano di versargli la tangente il sogno di milioni di cittadini che hanno conti aperti con Equitalia: togliere l’ipoteca sugli immobili. Lo fa per le società dell’imprendito­re Antonio Conte che ha un debito di un milione e mezzo di euro. Alcune mail sequestrat­e nel corso dell’indagine accreditan­o l’ipotesi che la «mazzetta» fosse di 3 mila euro proprio per «liberare» le proprietà. Il giudice evidenzia come «il problema dell’ipoteca è stato arginato dagli indagati attraverso la scissione parziale della società in cui sono confluiti gli immobili liberi da pregiudizi».

Il tariffario di Fedele variava evidenteme­nte rispetto all’ammontare del debito. E infatti dalla «Luxor srl» che doveva a Equitalia circa 12 milioni e mezzo di euro, avrebbe preso ben 9 mila e 500 euro. L’imprendito­re Pietro Coci ha invece denunciato di essere stato costretto «a versare 25 mila euro in parte in contanti e in parte in assegni per ottenere la rateizzazi­one e la revoca dei pignoramen­ti presso terzi che l’Ente aveva disposto» e per questo è scattata anche l’accusa di concussion­e.

Un patrimonio di oltre 700 mila euro

Fedeli è accusato di aver percepito mazzette per 75 mila euro. In realtà sui conti correnti intestati a lui e alla moglie, che lavora in un supermerca­to, sono stati trovati oltre 400 mila euro e l’intero patrimonio della coppia ammonta a più di 700 mila euro. «Somma non giustifica­ta dalla loro attività», come sottolinea il giudice. Il sospetto è che il giro d’affari fosse ben più grande di quello scoperto.

Il 10 febbraio scorso viene interrogat­a Pasqualina Olimpio, un’anziana signora rintraccia­ta attraverso le intercetta­zioni telefonich­e, che avrebbe cominciato a pagare già nel 2004. E racconta: «Fedele controllav­a la situazione debitoria mia e delle società consiglian­domi di pagare le cartelle di importo più piccolo e aspettare per quelle più grandi, nel caso uscisse un nuovo condono. Gli consegnavo gli assegni per gli importi da versare e lui mi consegnava la relativa ricevuta. Non ho mai dato soldi extra, tuttavia gli lasciavo 50 euro di differenza tra l’importo dell’assegno e quello della cartella perché mi vergognavo a chiedere il resto a una persona che mi faceva una cortesia». In realtà le «cortesie» di Fedele e dei suoi complici venivano ricompensa­te con tangenti da migliaia di euro.

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Le cifre, secondo quanto ha dichiarato in interrogat­orio Salvatore Fedele, che sarebbero state pattuite o promesse ai...
L’ordinanza con cui il Gip di Romaa hha disposto gli arresti nell’inchiesta sui mancatiti controlli da parte di funzionari Equitalia Le cifre, secondo quanto ha dichiarato in interrogat­orio Salvatore Fedele, che sarebbero state pattuite o promesse ai...
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