L’oggetto originale è sacro (ma la citazione è divertente)
Ieri Milano è stata teatro di un interessante dialogo a distanza: a piazza Affari, abbarbicato intorno a L.O.V.E. di Maurizio Cattelan (il dito medio davanti alla Borsa) c’era un grosso gorilla nero che scalava la scultura, in una evidente citazione del film «King Kong»; a pochi metri di distanza, Palazzo Reale ospita la mostra «100% Original Design», piccola storia della creatività attraverso una serie di pezzi famosi, dalla seduta Maralunga di Magistretti allo sgabello Mezzadro dei fratelli Castiglioni.
Un dialogo a distanza perché a parlarsi sono due estremi: da un lato, la «citazione sulla citazione», dall’altro la ferma difesa dell’originalità. Sì, perché l’installazione di piazza Affari (il finto gorilla è opera dell’artista 25 enne Lorenzo Morri) è un inno alla riproduzione in serie, per il quale forse nemmeno valgono più le non-regole
se già il discusso dito medio di Cattelan è una citazione della mano di Costantino (visibile nell’acrolito conservato ai musei capitolini) quella di Morri è una rimando esposto su un rimando. Riproduzione sulla riproduzione. La mostra prodotta da Elle Decor e promossa dal Comune, all’opposto, è un ribadire il no alla contraffazione. «Be Original» è un progetto a difesa della tutela del altre opere dell’artista, in una serialità iconica che dall’arte sconfina nel design. Statuette, pezzi di sapone, tazze, c’è persino il kitsch con le boule de neige. Un giocoso invito alla riproducibilità che ormai è postbenjaminiana, cioè non è più solo tecnica, come preconizzava Walter Benjamin, ma è semantica.
Palazzo Reale risponde con oggetti autentici e preziosi. La lampada Arco dei Castiglioni nel 2007 ha ottenuto il diritto d’autore (in un mercato del falso che vale 250 miliardi, la «fetta» italiana è di 7), come un’opera d’arte. E come tale, secondo il progetto, deve essere considerata. In mostra, decine di esempi: la caffettiera di Sapper per Alessi, il divano Charles di Citterio per B&B Italia, la Dezza di Ponti. In fondo, però, è un dialogo fecondo: la sacralità indiscussa dell’originale e lo sberleffo della copia. Contaminazione che ascolta i tempi.
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