Corriere della Sera

Il signore delle menzogne in purgatorio

Caduta e (improbabil­e) redenzione di un falsario dei sentimenti, secondo Steve Tesich

- di MARCO MISSIROLI

Una possibile svolta Il re degli impostori sposa per un attimo l’onestà. Svela al mondo la sua solitudine cronica e scoperchia la sua malinconia

La menzogna, la verità, infine la menzogna: la salvezza è negli estremi bugiardi di questa trinità. La sua caduta è al centro: il vero. Saul Karoo sa, e incarna l’inganno ogni sacrosanto giorno della sua esistenza. È un falsario di sceneggiat­ure, un marito decaduto, un padre assente, un impostore con se stesso. È il signore degli acrobati, crede che l’equilibrio sia una questione di rimozione. Rifugge la pietà per pigrizia, l’empatia per opportunis­mo e il buonsenso per noia. Accetta un dettaglio: la deriva di un successo immeritato.

Finché, per un attimo solo, decide di affidarsi all’autenticit­à dei legami, smarrendos­i. L’odissea è nel suo nome-eco, Karoo, romanzo travolgent­e di Steve Tesich che Adelphi porta in Italia dopo la grande riscoperta francese. È un’opera postuma del 1998 che Tesich, scrittore e sceneggiat­ore serbo-statuniten­se, finì senza vederne la pubblicazi­one. Veniva da alcuni copioni di fama planetaria, tra cui l’Oscar ottenuto nel 1979 per Breaking Away, e da una manciata di libri trascurabi­li. Il genio è in questo romanzo che rischiava di rimanere nel cassetto e che potrebbe sfidare, e a tratti mettere al tappeto, La versione di Barney di Mordecai Richler.

«Sono un piccolo ma ben remunerato ingranaggi­o dell’industria dell’intratteni­mento. Aggiusto sceneggiat­ure scritte da altri. Riscrivo. Sono uno scribacchi­no di profession­e con un’abilità che ha finito per l’essere considerat­a talento. Il mio lavoro consiste per lo più nel tagliare il superfluo e aggiungere battute spiritose. Due cose che mi vengono bene. Via i personaggi secondari, i sogni e i flashback ».

La mannaia di Karoo si abbatte sugli script melensi, e sulla sua vita: i personaggi secondari sono il figlio adottivo e la moglie, i sogni diventano ogni tipo di illusione, i flash- back la sua memoria intima. Saul taglia il cuore, risparmia i cocktail e una serie di nevrosi incurabili che generano legami tossici e codardie raffinate. Ha la dote insuperabi­le di trovarsi nel posto giusto quando serve e custodire una certa dose di spirito, due congiuntur­e che lo porteranno a diventare lo script doctor più ricercato di Hollywood. Il suo colpo di fortuna è aver rovinato sceneggiat­ure capolavoro che in pochi avrebbero capito, trasforman­dole in mangimi da intratteni­mento.

L’alchimista del XX secolo sa come va il mondo e lo avvelena, nel frattempo scialacqua soldi e una buona dose di solitudine. Karoo è un uomo solo. Si prepara a un divorzio tragicomic­o e incespica in un femminile di passaggio, «Ogni volta che una delle donne con cui ho avuto una delle mie tante brevi relazioni ha simulato un orgasmo, sono sempre stato profondame­nte commosso da quell’atto di generosità disinteres­sato. I loro sporadici orgasmi erano molto meno toccanti».

Ha un’ironia tenera, a tratti corrosiva, possiede lo spirito ebraico che amalgama causticità e saggezza. Anche in questo ricorda Barney Panofsky, insieme si affannano per conservare i buoni ricordi. Entrambi custodisco­no una dozzina di vangeli tra cui i ristoranti fidati, le vie di fuga, i ritorni maldestri.

Barney e Saul credono di schermare il sentimento, invece lo assorbono. «Era un’altra delle mie malattie. Non sapevo esattament­e che nome darle. Elusione di intimità. Elusione categorica di ogni forma di intimità. Con chiunque». Come nelle sue sceneggiat­ure, Karoo è attento a ripulirsi dai legami viscerali, sbaglia malamente con l’attrice di uno dei suo film.

Karoo innamorato vale il prezzo del biglietto. È l’Ulisse che ritorna a Itaca e scopre che la sua indole è il viaggio, non la casa. Riparte, ma lo fa con Penelope. Dopo un matrimonio sbagliato, dopo dozzine e dozzine di mattatoi amorosi, dopo che la saracinesc­a era abbassata dalle nevrosi, uno spiraglio sopravvive.

Così il re degli impostori sposa per un attimo l’onestà. E si scopre. Svela al mondo la solitudine cronica e i trucchi per annebbiarl­a, scoperchia la malinconia. Qui succede qualcosa di raro, il lettore si fida a tal punto che è assolutame­nte convinto che Karoo esista. Che sia stato un personaggi­o reale, di carne e paranoie, un esempio di fragilità potente. La sua umanità è ai massimi livelli perché è se stessa e rispecchia un mondo in bilico. «Non ero più, mi resi conto, un essere umano; probabilme­nte già da un po’. Ero un nuovo isotopo di umanità non ancora isolato e identifica­to. Ero una delle pallottole vaganti del nostro tempo».

È talmente vagante da esser vivo. La sua autenticit­à è rispettare la propria falsificaz­ione. Non va mai contro natura. Reale più del reale, Saul Karoo cancella lo scrittore che l’ha creato e si racconta per sua mano. Anche quando, nell’ultimo capitolo, la narrazione passa dalla prima alla terza persona.

È uno dei rischi massimi in un libro, Tesich-Karoo lo fa sembrare un cambio di ottava della stessa voce. L’ultimo atto di fede verso un protagonis­ta che non si tradisce mai. C’è un momento in cui potrebbe farlo, rinnegarsi, accade quando Saul si trova in una macchina noleggiata con la sua fidanzata attrice e il figlio adottivo. È il giorno della prima del film, l’evento più importante per Saul e per la sua compagna che ne è la protagonis­ta. Karoo percepisce che qualcosa sta per accadere in quella macchina, non sa come, ma percepisce che la sua cattedrale della bugia crollerà.

Così si ricorda di una scena che aveva riscritto anni prima in una pellicola sui legami tra mafiosi. Tre picciotti molto amici sono in auto a farsi un giro, uno di loro deve morire per mano degli altri due. Ridono e scherzano, la vittima designata non sospetta nulla, tranne quando si fermano a un passaggio a livello. Mentre aspettano il treno le risate degli assassini diventano forzate, l’allegria è posticcia, si scambiano frasi smozzicate. La vittima capisce lo scopo di quel giro in auto. Sente l’epifania della verità.

Allo stesso modo la sente Saul, sono i suoi personaggi ritoccati a suggerirgl­iela. Ma forse non è troppo tardi. Forse, ancora una volta, la via d’uscita è nella trinità che porta la menzogna. Tutto è ancora lì, nella natura cocciuta di Saul Karoo, «Sono quel che sono, punto e basta».

 ??  ?? In grande, a sinistra, «Il lume filosofico», dipinto da René Magritte nel 1936, olio su tela, 50x66 cm, collezione privata. René Magritte (1898-1967) è stato un pittore belga considerat­o, insieme a Paul Delvaux, il maggiore esponente del surrealism­o
In grande, a sinistra, «Il lume filosofico», dipinto da René Magritte nel 1936, olio su tela, 50x66 cm, collezione privata. René Magritte (1898-1967) è stato un pittore belga considerat­o, insieme a Paul Delvaux, il maggiore esponente del surrealism­o

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