Corriere della Sera

Svetlana Velmar-Jankovic, autrice del «Dottor Živago» della Serbia

- FRANCO CORDELLI

Èscomparsa a 81 anni la scrittrice serba, belgradese di nascita, Svetlana Velmar-Jankovic.

È stata forse la maggiore autrice nella sua lingua della seconda metà del ventesimo secolo, al punto da essere considerat­a come in Russia si pensava a Pasternak.

Era un paragone ingiusto, diciamo pure esagerato. La ragione di un simile accostamen­to è in prevalenza ideologica. La Velmar-Jankovic si mantenne al di fuori dei luoghi comuni ideologici, lontana dal comunismo. Si isolò, si rifugiò in se stessa. Tuttavia non disconobbe quanto l’ideologia dominante, in specie nel linguaggio, avesse avuto influenza, anche su di lei; un’influenza oppressiva, assorbente.

Il linguaggio, diceva, si è impoverito, è diventato un «fascio di luoghi comuni». Aggiunse, o precisò, quasi fosse un’autocritic­a: «Le mie frasi sono diventate brevi, come le loro, e quasi spezzate. Frasi piuttosto avariate».

Svetlana Velmar-Jankovic

Nel suo romanzo di maggior rilievo, Lagum (che in Italia è stato tradotto l’anno scorso da Isabella Meloncelli per la Jaca Book, e dove il titolo è una parola turca che indica un tenebroso passaggio sotterrane­o, un cunicolo senza luce),

La denuncia Criticò l’ideologia dominante per avere impoverito e reso banale il suo linguaggio

e maggiormen­te nella parte iniziale, questo tipo di frase non c’è. Al contrario, ci troviamo di fronte a un discorso che si avvolge su se stesso, dove la sintassi appare elaborata, al punto da presentars­i quasi spiralifor­me, come se si trattasse di uno slancio iniziale, una reazione vigorosa.

Poi, la narrazione si distende. Nello stesso modo in cui si acquieta la relazione tra i due protagonis­ti, due intellettu­ali che si erano conosciuti a Parigi nel 1930, s’erano sposati, s’erano amati, e avevano poi scoperto la problemati­cità del loro stesso rapporto — anche rispetto al mondo che li circonda e che alla fine li divide, con la tragica morte del marito al tempo dell’occupazion­e tedesca della Serbia.

A questa altezza, quando il domani diventa tragedia, e il romanzo acquista una cadenza più amara, per paradosso Svetlana Velmar-Jankovic rivela una minore energia — pur restando la scrittrice prestigios­a che avevamo conosciuto nella prima parte del suo romanzo.

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