PUGNO DI FERRO EGIZIANO CON LAICI E GAY AL SISI NON COLPISCE SOLO GLI ISLAMISTI
Sono milioni, in Egitto e nel mondo, a pensare che il generale Abdel Fattah Al Sisi abbia salvato il più grande Paese arabo dalla dittatura dei Fratelli musulmani e sia ora il garante di una democrazia laica. In milioni l’hanno infatti appoggiato quando in luglio depose l’impopolare raìs islamico Morsi. In milioni lo eleggeranno in maggio suo successore. Ma se sui rischi di una deriva teocratica corsi con l’ex presidente-Fratello si può e si deve discutere, sulla democrazia laica di Al Sisi c’è poco da dire. Se non che, come ammettono alcuni suoi sostenitori, «arriverà quando il Paese sarà pronto, inshallah ». Ovvero, per adesso non c’è.
Il pugno di ferro del nuovo regime non si è abbattuto solo sui Fratelli, con centinaia di morti e migliaia in cella. Anche i rari democratici laici che osano alzare la voce stanno pagando caro. Come i tre giovani leader di Tahrir condannati lunedì a tre anni di carcere, dopo mesi in cella e scioperi della fame. Colpevoli di aver protestato pacificamente contro la legge di Al Sisi che vieta ogni protesta. Tra loro il più noto è Ahmed Maher, capo del 6 Aprile, il più importante movimento della Rivoluzione del 2011. Moderato, anzi «socialdemocratico», si dichiara questo ingegnere 33enne. Le ong umanitarie e molti governi hanno chiesto il loro rilascio, come lo chiedono per i giornalisti (tra cui quattro stranieri), in prigione da tempo per aver sfidato la censura massiccia. Ma tutti gli appelli sono stati vani.
E adesso è emerso un altro caso allarmante: quattro uomini sono stati condannati a otto anni, uno di loro pure con lavori forzati, per omosessualità. L’ong Human Rights First sostiene che dall’arrivo di Al Sisi le condanne per orientamenti sessuali sono in aumento, quest’ultima è la più grave dal 2001. Perfino i diritti delle donne, in teoria più garantiti dalla nuova Costituzione, sono minacciati: la legge che punisce le molestie sessuali, già poco applicata, è ad esempio «in fase di revisione» . Il timore è che finisca per essere cancellata.