Corriere della Sera

RENZI A RAPPORTO DA NAPOLITANO POTERI DEL PREMIER E DEL PRESIDENTE

- Risponde Sergio Romano

I media ci hanno informato che il presidente della Repubblica ha ricevuto al Quirinale il presidente del Consiglio, occasione in cui sono stati esaminati l’iter del progetto di riforme costituzio­nali e il Def, che era all’odg del consiglio dei Ministri di martedì. Sembra tutto tranne che un incontro di cortesia istituzion­ale. La Costituzio­ne però dice tutt’altro, perché l’art. 95 al primo comma statuisce che: il presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del governo e ne è responsabi­le. Mantiene l’unità di indirizzo politico e amministra­tivo promuovend­o e coordinand­o l’attività dei ministri. D’accordo che il governo non ha avuto la designazio­ne popolare, ma la Costituzio­ne dovrebbe sempre e comunque rimanere quella di sempre. Romolo Rubini romrub@alice.it

Caro Rubini,

La Costituzio­ne ha mal definito, forse intenziona­lmente, i poteri del capo dello Stato. Ha dato formalment­e al presidente del Consiglio la direzione del governo, ma lo ha privato di un potere fondamenta­le, lo scioglimen­to delle Camere, e ne ha fatto una sorta di coordinato­re che non ha neppure il diritto di congedare un ministro quando avrebbe buoni motivi per rimpiazzar­lo con una persona più adatta all’incarico. Questa ambiguità ha suscitato in alcuni presidenti della Repubblica la convinzion­e che le loro funzioni potessero venire estese e rafforzate. È accaduto con Luigi Einaudi quando affidò a Giuseppe Pella la formazione del governo. È accaduto con Giovanni Gronchi, quando fece lo stesso con Fernando Tambroni e pretese di dirigere la politica estera italiana dal Quirinale. E’ accaduto con Sandro Pertini quando intervenne nello sciopero dei controllor­i di volo. Ed è accaduto quando Francesco Cossiga cominciò a «picconare» la «Prima Repubblica».

Il caso di Giorgio Napolitano è alquanto diverso. Quando nominò Mario Monti alla presidenza del Consiglio, dovette agire in circostanz­e eccezional­i (l’impennata dello spread sui mercati internazio­nali, le pressioni di Bruxelles) ed esercitò un potere previsto dall’articolo 92 della Costituzio­ne. Quando il Parlamento non riuscì a eleggere il suo successore e i partiti gli chiesero di restare al Quirinale, mise condizioni (l’approvazio­ne di una nuova legge elettorale) che erano direttamen­te collegate all’esercizio delle sue funzioni. Se lo scioglimen­to delle Camere rientra fra le sue responsabi­lità, era giusto chiedere l’approvazio­ne di una legge che evitasse i danni provocati da quella con cui l’Italia aveva votato nelle elezioni precedenti. Annunciò che se questo non fosse accaduto si sarebbe dimesso, e fissò in tal modo una sorta di scadenza che serviva a rendere Parlamento e governo maggiormen­te responsabi­li.

Mi sembra normale quindi che il presidente della Repubblica segua attentamen­te l’azione del governo e abbia il diritto di essere informato sul modo in cui sta realizzand­o il suo programma. Non dimentichi infine, caro Rubini, che fra i compiti del presidente della Repubblica vi sono anche la promulgazi­one delle leggi e l’emanazione dei decreti che hanno valore di legge. Chi mette la sua firma in calce a una legge, ha il diritto di sapere che cosa firma. Continuo e pensare che occorra correggere le ambiguità presenti nella Costituzio­ne e rafforzare i poteri dell’esecutivo. Ma con questa Carta è giusto che Renzi vada spesso al Quirinale.

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