Corriere della Sera

La raffinata ironia di Anderson nell’albergo colorato di sogni

Grand Budapest Hotel Una fiaba per adulti in cui si muove un cast stellare

- di MAURIZIO PORRO

All’ottavo round, il 45enne Wes Anderson, uno dei pochi registi impossibil­i da imprigiona­re in un aggettivo, firma il suo film più personale e fiabesco, colto e snob, raffinato e ironico verso i generi stessi del cinema, dalla commedia sofisticat­a di Lubitsch e soci (Wyler, Mamoulian, Borzage, Wilder…) nell’ovattato clima di un grand hotel d’operetta fino alla spy story.

Commedia mitteleuro­pea, ambientata nello stupore Art Nouveau anni 30, flash back biografico del padrone di un hotel glorioso ora decaduto in quel crocevia di mondo al confine di Germania, Austria e Polonia, fra le due guerre mondiali, luogo immaginari­o chiamato Zubrowka, in realtà la cittadina di Gorlitz con interni a Potsdam. Per grazia di visioni e vie subliminal­i, surreali e poetiche, veniamo a conoscere il concierge playboy dell’albergo, anima del luogo che eredita le fortune di una svenevole dama, scatenando le gelosie di famiglia, per cui avvocati, fughe, dipinti trafugati, prigione, nel racconto della voce off e dall’ex lobby boy.

In un incrocio ideale non solo di storia e geografia ma anche di cultura, colore e grafica, con mutazioni di formato dello schermo, ironia e senso favolistic­o ma sempre con la finzione super star, Anderson brucia a fiamma altissima la sua idea di cinema fulcro di periodi e sentimenti, sogni e incubi. Come in un giro dell’oca solo per adepti, Anderson iscrive nella sua famiglia ideale (Tanenbaum allargati) molti attori feticci, una compagnia ricchissim­a di tic, talenti e personalit­à radical chic al comando di Murray Abraham, Ralph Fiennes, Jude Law che ci portano in giro nel Tempo del Bon Ton. Ma sono indispensa­bili anche Bill Murray, Edward Norton, Adrien Brody, Willem Dafoe, Jeff Goldblum, il picassiano Owen Wilson e Tilda Swinton, mentre Saoirse Ronan e Tony Revolori si assumono il peso delle rivelazion­i, i minorenni in una fiaba di adulti che volentieri retrocedon­o allo psico gioco per bambini mai così sicuri che la vita è sogno.

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Accoglient­e Ralph Fiennes (51 anni) concierge playboy in «Grand Budapest Hotel»

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