Due nemici per Vettel: Ricciardo e se stesso
La difficile battaglia di Seb, battuto e sorpreso dal compagno di squadra
Il sorriso ostentato, tiratissimo, al termine del Gp del Bahrein sembrava un manifesto. Sebastian Vettel è alle prese con un disturbo inedito e, anche per questo, fastidioso, dopo quattro titoli che dovevano sistemarlo in una villa esclusiva con vista sul Mondiale. Invece, affanni, stereofonici addirittura. Da una parte, l’approccio della Mercedes a questa nuova F1 ha messo in crisi persino la Red Bull. O meglio, il binomio Red Bull-Renault, in gara con rendimenti tutt’altro che eccelsi. Una condizione che nemmeno Adrian Newey, il genio di tutte le lampade, riesce a trasformare. In aggiunta, Seb viene puntualmente oscurato da Daniel Ricciardo, un compagno più giovane di due anni esatti (1 luglio 1989 contro 3 luglio ’87), meno esperto (53 gran premi contro 123), proveniente da corse senza clamori, un 7° posto come miglior risultato sino a fine 2013. Ricciardo sembrava destinato a rischiare il posto. Sta rischiando di produrre la sorpresa più clamorosa della stagione. Nelle prime tre gare ha battuto Vettel due volte in qualifica; due volte in gara. È stato squalificato causa flussometro a Melbourne dove chiuse splendidamente secondo — una squalifica che verrà comunque discussa in appello — è finito quarto in Bahrain mostrando un piglio e un ritmo insostenibili per il suo illustrissimo compagno di squadra, superato in pista così come era accaduto anche in Malesia, prima di quella ruota montata male che tolse Ricciardo dalla gara.
Su questa inattesa inversione di ruoli in casa Red Bull, circolano teorie diverse. La prima si fonda sull’ingratitudine: Vettel non è mai stato un fenomeno. Semplicemente, ha sfruttato da buon pilota una macchina eccezionale. Firmatario di questa mozione potrebbe essere Alonso, in buona compagnia. Tutta gente disposta ora a considerare Webber, compagno di Vettel nel quadriennio dorato, come un pilota mediocre. La seconda teoria, assai azzardata, individua in Ricciardo un campione assoluto, sorretto da talento e coraggio. Ma sono solo tre buone corse: un po’ poco per attribuire ad una impressione la forma di un giudizio definitivo. Terza teoria, ispirata ad una celebre frase di Enzo Ferrari: «Quando un pilota diventa padre perde un secondo al giro». Vettel ha avuto una figlia nel gennaio scorso, quindi...
Il fatto è che ogni ipotesi è più attaccabile che sostenibile. Passa attraverso una evoluzione tecnica problematica anche per un ragazzo di talento come Sebastian, non tiene conto di quanto sia sempre difficile valutare la prestazione del pilota come valore assoluto. Quanto vale Vettel? Moltissimo, risultati alla mano. Piuttosto, il fatto di trovarsi in un imbarazzo dovrà produrre una reazione all’altezza del curriculum. È questo che più interessa e incuriosisce. Verificare il carattere di un campione, al cospetto di un disagio improvviso e prodotto da chi corre con una macchina identica alla sua. La sfida di Sebastian, al momento, sta tutta qui: nella capacità di convincere anche senza vincere. Combattendo con le sole proprie forze nelle retrovie, dopo aver corso in un’altra solitudine. Magnifica al punto da sembrare comoda.