Corriere della Sera

Uccide a coltellate la figlia di 18 mesi

La moglie: ho visto la mia piccola insanguina­ta, ho sperato che lui si uccidesse

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Una bimba di 18 mesi è stata uccisa a coltellate dal padre, nel pomeriggio di ieri, ad Ancona. Luca Giustini, 34 anni, dopo aver colpito la più piccola delle sue due figlie ha avvertito la moglie: «Ho fatto un casino», le ha detto. «Ho visto la mia piccola insanguina­ta, ho sperato che lui si uccidesse», ha poi detto la donna.

Ancona, primo pomeriggio di ieri. Un uomo disperato scende dalle scale con una bambina di un anno e mezzo fra le braccia. La piccola è un fagotto di sangue e una scia rossa parte dal terzo piano e viene giù assieme a quell’uomo, a quella bimba. Alessia non respira più ma suo nonno supplica il cielo che quel che vede non sia vero: «Vi prego, salvatela. Vi prego...» implora i ragazzi dell’ambulanza ai quali la consegna.

Ci provano, a salvarla. Con rabbia, quasi. Per mezz’ora provano a rianimarla, a tamponare le ferite, a ordinare al cuore di tornare a battere: «Avanti, riprendi...». Quasi potessero convincerl­o con le parole. Quando è l’ora della resa la prima a scoppiare in lacrime è la dottoressa dell’automedica. Si chiama Liliana Rodriguez: «Non credevo che fosse possibile tanta cattiveria su una bambina così piccola» racconta con la voce che non smette di tremare.

«Tanta cattiveria», cioè quella di Luca Giustini, il padre trentaquat­trenne della piccola. Ieri pomeriggio era solo in casa con lei e, per qualche motivo che soltanto lui conosce, ha preso un coltello da cucina e l’ha colpita più volte. La coltellata al cuore è stata quella fatale. Poi una chiamata a sua moglie Sara che era in spiaggia con i suoi genitori e l’altra figlia di 4 anni: «Vieni, ho fatto un casino».

Quando Sara è arrivata a casa, nel quartiere di Collemarin­o, è stato come se Luca avesse colpito anche lei con la stessa coltellata al cuore. Nella tenenza dei carabinier­i, al piano di sotto, qualcuno l’ha sentita urlare e piangere, chiedere aiuto. Un minuto dopo suo marito era giù, in caserma, suo padre Roberto era accanto a lei e ad Alessia, e si sentivano delle sirene: stavano arrivando medici e infermieri.

I soccorrito­ri non sono nemmeno saliti al terzo piano. È stato Roberto Bedini a scendere di corsa le scale con la nipotina stretta fra le braccia. Ma non c’era più tempo, nessuna speranza.

Sara è scesa con le mani e i vestiti insanguina­ti. Ha trovato un filo di voce per dire una sola cosa prima di lasciarsi andare sfinita: «Ho lasciato il coltello vicino a lui sperando che si ammazzasse». E invece i carabinier­i l’hanno trovato dove lei lo aveva visto. E hanno trovato un uomo che sembrava assente. «Assolutame­nte non in sé» dice chi gli è stato vicino nelle ore successive, mentre si cercava di comporre il puzzle del movente che al momento sembra non avere nemmeno un tassello.

Gli uomini del comandante provincial­e Antonio Amoroso hanno sentito parenti e amici della coppia nella speranza di ricostruir­e uno scenario che possa spiegare il perché di tanta crudeltà. Ma finora la parola più ricorrente degli inquirenti è quella che non spiega niente: raptus.

Qualcuno, nel quartiere, ha detto ai cronisti locali che negli ultimi tempi Luca sembrava stressato. Altri hanno parlato di un rapporto di coppia in crisi. C’è chi parla di un momento di furore per un pianto prolungato. Ipotesi. Ma nei verbali raccolti finora sembra non ci sia traccia di tutto questo.

Sara, 32 anni, infermiera all’ospedale regionale di Torrette, ieri era troppo scossa per sop-

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