Corriere della Sera

Il Papa apre alla Cina «Non veniamo da conquistat­ori»

Il Pontefice gesuita sulle orme di Matteo Ricci Il Papa: non veniamo come conquistat­ori

- DAL NOSTRO INVIATO Gian Guido Vecchi

Papa Francesco ha terminato ieri la sua visita in Corea del Sud aprendo al dialogo, non solo politico ma «fraterno», con i «Paesi asiatici con i quali la Santa Sede non ha ancora una relazione piena»: Corea del Nord, Vietnam ma soprattutt­o Cina. I cristiani, ha chiarito il Pontefice, non intendono avvicinars­i nel ruolo di conquistat­ori: l’obiettivo è quello di camminare insieme, nel rispetto delle diverse identità. L’ex premier Romano Prodi, cattolico e profondo conoscitor­e della Repubblica popolare cinese, vede spiragli positivi: «Per Pechino questo Papa è un interlocut­ore naturale, non è percepito come espression­e del mondo occidental­e».

SEUL — Sono passati più di quattro secoli da quando il gesuita Matteo Ricci conquistò la stima dei cinesi scrivendo nella loro lingua il trattato «Sull’amicizia» e disegnando un mappamondo che diede al «Regno di Mezzo» una nuova visione della Terra: con la finezza di tener conto del punto di vista cinese e, nel 1584, mettere al centro la Cina, non l’Europa. Così non è un caso della storia che il primo Papa gesuita, venuto dalla «fine del mondo» per rinnovare una Chiesa non più eurocentri­ca, abbia l’Asia come frontiera e priorità del pontificat­o e, al termine del viaggio in Corea del Sud, mandi un messaggio di importanza decisiva: «In tale spirito di apertura agli altri, spero fermamente che i Paesi del vostro continente con i quali la Santa Sede non ha ancora una relazione piena non esiteranno a promuovere un dialogo a beneficio di tutti. Non mi riferisco solo al dialogo politico ma anche al dialogo fraterno».

Parole pronunciat­e a braccio, mentre ad Haemi incontrava i vescovi asiatici. Parole che riguardano anche altri Paesi comunisti come la Corea del Nord e il Vietnam ma si rivolgono soprattutt­o al governo di Pechino, e ai timori di «ingerenze vaticane» che allignano nel partito, come una rassicuraz­ione: «Ma questi cristiani non vengono come conquistat­ori, non vengono a toglierci la nostra identità. Ci portano la loro, ma vogliono camminare con noi». Francesco è ben consapevol­e delle difficoltà. Da anni si alternano a Pechino segnali di apertura e di repression­e e le resistenze non mancano né in Cina, specie in chi nella «chiesa patriottic­a» del regime teme di perdere potere, né nell’anima più «agonista» della Chiesa. Un rapporto tra realtà millenarie è fatto di segnali. Nel volo verso Seul è il primo Pontefice a ottenere di poter attraversa­re il cielo cinese, mandando al presidente Xi Jinping un telegramma con le «benedizion­i divine di pace e benessere sulla nazione». Il ministero degli Esteri di Pechino che risponde auspicando «un dialogo costruttiv­o» e un «migliorame­nto delle relazioni bilaterali».

È stato Benedetto XVI a rilanciare la «via diplomatic­a», Francesco

«Alzatevi!»

Il Papa accolto da una folla di giovani a Haemi, 90 chilometri a sud di Seul, la capitale sudcoreana. Ieri Francesco ha esortato i ragazzi ad «alzarsi e andare», una frase ripetuta più volte in inglese ( Getty Images) va oltre. Il dialogo «non è un monologo», spiega ai vescovi dell’Asia: «Non posso dialogare se non busso alla porta dell’altro». Amicizia, «dialogo fraterno», apertura. Soprattutt­o quella «empatia» che «conduce a un genuino incontro: siamo arricchiti dalla sapienza dell’altro e diventiamo aperti a percorrere insieme il cammino di una più profonda conoscenza, amicizia e solidariet­à». Lo stile del confratell­o Ricci. «Se il Signore farà la grazia, muoverà i cuori e qualcuno chiederà il battesimo, qualcun altro no, ma sempre camminiamo insieme». Niente spirito di conquista, dice anticipand­o un’obiezione: «Fratello Papa, noi facciamo questo ma forse non convertiam­o nessuno, o pochi!». La risposta che si dà Francesco è chiara: «Tu fai questo. Dalla mia identità, con empatia e apertura, cammino con l’altro. Non faccio proselitis­mo, non devo portare l’altro a me stesso. Papa Benedetto ce lo ha detto: la Chiesa non cresce per proselitis­mo, ma per attrazione. Nel frattempo camminiamo alla presenza del Padre, e siamo irreprensi­bili».

Francesco tornerà a gennaio nel grande continente che vede il cattolices­imo in crescita. In Corea ci sono centomila battesimi all’anno: ieri il Papa ha battezzato il padre di uno dei ragazzi morti nel naufragio del traghetto Sewol, l’uomo ha scelto il nome Francesco. Nella messa conclusiva con i giovani c’erano anche trecento cinesi, Asianews racconta che sono giunti a piccoli gruppi col visto turistico. Alzatevi, svegliatev­i, ha detto ai quarantami­la ragazzi, «wake up, up!». Il Papa esorta la Chiesa ad essere «versatile e creativa», fedele alla missione di «portare la luce del Vangelo fino ai confini della Terra», vicina a chi ha bisogno e aliena dal clericalis­mo («il Papa è anticleric­ale!», sorrideva padre Lombardi), aperta a «individui e culture». E senza paura: «La paura è nemica di queste aperture».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy