Corriere della Sera

Taddei: dimostrere­mo che il bonus degli 80 euro non è stato uno scherzo

L’intervista Il responsabi­le Economia del Pd: spending review e riforma del mercato del lavoro sono i nostri due pilastri

- Enrico Marro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

ROMA — «Taglio della spesa pubblica senza intaccare lo Stato sociale e riforma del mercato del lavoro sono i due pilastri dell’azione di governo che riporterà l’Italia sul sentiero della crescita e darà una risposta alla grande sfida che abbiamo davanti: colmare il gap di capitale umano che purtroppo caratteriz­za il nostro Paese in Europa». Filippo Taddei, 38 anni, docente alla Johns Hopkins University Sais, responsabi­le Economia del Pd e tra i consiglier­i del premier Matteo Renzi, è convinto che a settembre il governo darà le risposte che l’Europa e i mercati si aspettano, «ma non perché ce lo chiedono da fuori, ma perché fare le riforme è il compito che si è dato l’esecutivo Renzi».

Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, nell’intervista pubblicata ieri sul «Corriere» dice di no all’abolizione dell’articolo 18 (licenziame­nti) e che è sufficient­e introdurre il contratto d’inseriment­o a tutele progressiv­e, purché incentivat­o. È d’accordo?

«Sì. Sarebbe opportuno che il carico contributi­vo su questo nuovo contratto fosse al massimo come quello che c’è sui contratti a progetto. Ma se diamo alle imprese questa flessibili­tà con la possibilit­à di licenziare nei primi 2-3 anni, dobbiamo farla costare, facendo scattare una indennità compensati­va per il lavoratore licenziato, che si sommerebbe all’indennità di disoccupaz­ione. Bisogna insomma bilanciare gli interessi dell’impresa e del lavoratore, in un sistema semplice e automatico».

Sulle pensioni Poletti si dice favorevole a un contributo di solidariet­à o al ricalcolo col contributi­vo sulle pensioni più alte se questo serve a trovare risorse a sostegno degli esodati.

«In via di principio è giusto. Bisogna vedere se è tecnicamen­te possibile fare il ricalcolo e individuar­e con precisione la platea sulla quale eventualme­nte intervenir­e. Ci sono molte ipotesi ma bisogna valutarne la praticabil­ità».

Lei dice che il segnale forte che darà il governo sarà il taglio delle tasse su lavoratori e imprese. Sarà possibile anche dopo il recente peggiorame­nto del quadro macroecono­mico?

Consiglier­e del premier

Filippo Taddei, classe 1976, bolognese di nascita ma cresciuto tra l’Italia e gli Stati Uniti, è docente alla Johns Hopkins University Sais e responsabi­le Economia del Pd

«Sì. Questo è il primo governo che finanzia il taglio delle tasse con la riduzione della spesa. Ha cominciato a farlo con il bonus da 80 euro e il taglio dell’Irap e continuerà prima stabilizza­ndo queste misure e poi proseguend­o su questa strada. Dobbiamo dimostrare che non si stava scherzando».

Ma come si fa a tagliare 17 miliardi di spesa nel 2015 e 32 nel 2016, come dice il governo, senza tagliare pensioni, sanità e pubblico impiego?

«Si può fare. Le faccio solo due esempi: gli approvvigi­onamenti di beni e servizi e i trasferime­nti alle imprese. Quanto allo Stato sociale, il nostro benchmark deve essere la Germania: servizi tedeschi, a costi tedeschi, con livelli di tassazione tedeschi. Si può spendere in maniera più efficiente, tagliando rendite, sprechi e corruttele varie. Meno trasferime­nti e più servizi. Più efficienza e controlli, per esempio sui fondi europei. Tagliare per tagliare possono farlo tutti, ma noi siamo il Pd e dobbiamo farlo senza demolire lo Stato sociale».

Tasse tedesche dovrebbe significar­e anche evasione tedesca...

«Su questo fronte ci atterremo alla regola per cui non si annunciano crociate che poi portano scarsi risultati, come è successo in passato. Parleremo quando avremo conquistat­o Gerusalemm­e».

Giavazzi e Alesina hanno proposto ieri sul «Corriere» di tagliare subito di 33 miliardi le tasse sul lavoro anche a costo di sfondare con

il deficit il tetto del 3%.

«Capisco la ratio della loro proposta, ma noi pensiamo che si possa raggiunger­e l’obiettivo senza superare il 3%, perché ciò indebolire­bbe la credibilit­à dell’Italia. Siamo impegnati in una svolta senza precedenti: tagliare ed efficienta­re la spesa pubblica da un lato e fare le riforme struttural­i dall’altro. Fatto questo dedicherem­o tutti i nostri sforzi al capitale

Stato sociale Ovviamente noi siamo il Pd e dovremo intervenir­e senza demolire lo Stato sociale

umano, il futuro di questo Paese, dove abbiamo una percentual­e bassissima di lavoratori in formazione continua».

Un altro economista, Guido Tabellini, dice che l’Italia può uscire dalle secche solo con una svalutazio­ne fiscale: meno contributi per le imprese coperti con aumenti dell’Iva e tagli di spesa pubblica.

«Una ricetta interessan­te che sarebbe stata molto efficace fino a pochi mesi fa. Adesso, con la contrazion­e della domanda estera, dobbiamo essere più svelti: puntiamo su investimen­ti e domanda interna».

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