Taddei: dimostreremo che il bonus degli 80 euro non è stato uno scherzo
L’intervista Il responsabile Economia del Pd: spending review e riforma del mercato del lavoro sono i nostri due pilastri
ROMA — «Taglio della spesa pubblica senza intaccare lo Stato sociale e riforma del mercato del lavoro sono i due pilastri dell’azione di governo che riporterà l’Italia sul sentiero della crescita e darà una risposta alla grande sfida che abbiamo davanti: colmare il gap di capitale umano che purtroppo caratterizza il nostro Paese in Europa». Filippo Taddei, 38 anni, docente alla Johns Hopkins University Sais, responsabile Economia del Pd e tra i consiglieri del premier Matteo Renzi, è convinto che a settembre il governo darà le risposte che l’Europa e i mercati si aspettano, «ma non perché ce lo chiedono da fuori, ma perché fare le riforme è il compito che si è dato l’esecutivo Renzi».
Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, nell’intervista pubblicata ieri sul «Corriere» dice di no all’abolizione dell’articolo 18 (licenziamenti) e che è sufficiente introdurre il contratto d’inserimento a tutele progressive, purché incentivato. È d’accordo?
«Sì. Sarebbe opportuno che il carico contributivo su questo nuovo contratto fosse al massimo come quello che c’è sui contratti a progetto. Ma se diamo alle imprese questa flessibilità con la possibilità di licenziare nei primi 2-3 anni, dobbiamo farla costare, facendo scattare una indennità compensativa per il lavoratore licenziato, che si sommerebbe all’indennità di disoccupazione. Bisogna insomma bilanciare gli interessi dell’impresa e del lavoratore, in un sistema semplice e automatico».
Sulle pensioni Poletti si dice favorevole a un contributo di solidarietà o al ricalcolo col contributivo sulle pensioni più alte se questo serve a trovare risorse a sostegno degli esodati.
«In via di principio è giusto. Bisogna vedere se è tecnicamente possibile fare il ricalcolo e individuare con precisione la platea sulla quale eventualmente intervenire. Ci sono molte ipotesi ma bisogna valutarne la praticabilità».
Lei dice che il segnale forte che darà il governo sarà il taglio delle tasse su lavoratori e imprese. Sarà possibile anche dopo il recente peggioramento del quadro macroeconomico?
Consigliere del premier
Filippo Taddei, classe 1976, bolognese di nascita ma cresciuto tra l’Italia e gli Stati Uniti, è docente alla Johns Hopkins University Sais e responsabile Economia del Pd
«Sì. Questo è il primo governo che finanzia il taglio delle tasse con la riduzione della spesa. Ha cominciato a farlo con il bonus da 80 euro e il taglio dell’Irap e continuerà prima stabilizzando queste misure e poi proseguendo su questa strada. Dobbiamo dimostrare che non si stava scherzando».
Ma come si fa a tagliare 17 miliardi di spesa nel 2015 e 32 nel 2016, come dice il governo, senza tagliare pensioni, sanità e pubblico impiego?
«Si può fare. Le faccio solo due esempi: gli approvvigionamenti di beni e servizi e i trasferimenti alle imprese. Quanto allo Stato sociale, il nostro benchmark deve essere la Germania: servizi tedeschi, a costi tedeschi, con livelli di tassazione tedeschi. Si può spendere in maniera più efficiente, tagliando rendite, sprechi e corruttele varie. Meno trasferimenti e più servizi. Più efficienza e controlli, per esempio sui fondi europei. Tagliare per tagliare possono farlo tutti, ma noi siamo il Pd e dobbiamo farlo senza demolire lo Stato sociale».
Tasse tedesche dovrebbe significare anche evasione tedesca...
«Su questo fronte ci atterremo alla regola per cui non si annunciano crociate che poi portano scarsi risultati, come è successo in passato. Parleremo quando avremo conquistato Gerusalemme».
Giavazzi e Alesina hanno proposto ieri sul «Corriere» di tagliare subito di 33 miliardi le tasse sul lavoro anche a costo di sfondare con
il deficit il tetto del 3%.
«Capisco la ratio della loro proposta, ma noi pensiamo che si possa raggiungere l’obiettivo senza superare il 3%, perché ciò indebolirebbe la credibilità dell’Italia. Siamo impegnati in una svolta senza precedenti: tagliare ed efficientare la spesa pubblica da un lato e fare le riforme strutturali dall’altro. Fatto questo dedicheremo tutti i nostri sforzi al capitale
Stato sociale Ovviamente noi siamo il Pd e dovremo intervenire senza demolire lo Stato sociale
umano, il futuro di questo Paese, dove abbiamo una percentuale bassissima di lavoratori in formazione continua».
Un altro economista, Guido Tabellini, dice che l’Italia può uscire dalle secche solo con una svalutazione fiscale: meno contributi per le imprese coperti con aumenti dell’Iva e tagli di spesa pubblica.
«Una ricetta interessante che sarebbe stata molto efficace fino a pochi mesi fa. Adesso, con la contrazione della domanda estera, dobbiamo essere più svelti: puntiamo su investimenti e domanda interna».