Corriere della Sera

Berlusconi incontra i fedelissim­i: troppi veti sul centrodest­ra unito

Il leader «attende» Renzi: voglio vedere cosa otterrà a Bruxelles

- Tommaso Labate © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

ROMA — «Questa storia della ricomposiz­ione del centrodest­ra si sta rivelando un delirio. Un delirio in cui tutti cercano di porre veti e condizioni all’ingresso di altri. Salvini dice che non vuole questo, Casini dice che non deve entrare quell’altro...». Sembrava il suo cruccio principale, all’indomani della sentenza di assoluzion­e. Eppure ieri a pranzo, quando davanti ai dirigenti di partito più cari (c’erano Giovanni Toti e Paolo Romani, Mariarosar­ia Rossi e Debora Bergamini e Mariastell­a Gelmini, Antonio Tajani e Anna Maria Bernini, oltre ovviamente alla fidanzata Francesca Pascale) s’è cimentato in una stroncatur­a della costituend­a federazion­e di centrodest­ra, Silvio Berlusconi aveva quasi il sorriso sulle labbra. Un sorriso che da amaro s’è trasformat­o in ironico nel momento in cui un commensale ha tirato fuori il nome di Corrado Passera, l’ex ministro che con la sua Italia Unica s’è lanciato nell’avventura di costruire un centrodest­ra alternativ­o a quello esistente. «Ah, Passera... Eh sì, miei cari, abbiamo trovato davvero il nuovo leader del centrodest­ra...».

Ironie a parte, c’è un motivo per cui Berlusconi si mostra oggi prudente su quello per cui ieri sembrava volesse accelerare, e cioè la ricostruzi­one della coalizione. Anzi, due. Il primo, al di là di generiche previsioni sul «voto ad aprile», è la convinzion­e che le elezioni anticipate alla fine non ci saranno. E il secondo è strettamen­te connesso al primo. E rimanda agli oscuri presagi sulla «tempesta» che, secondo l’ex premier, si starebbe per abbattere sull’Italia e anche sull’Europa.

«Sono molto preoccupat­o per l’economia. E soprattutt­o pare evidente a tutti che, data la situazione attuale, nel 2011 il problema non ero di certo io», s’è lasciato andare a metà del pranzo Berlusconi. Il sottotesto, comunque, rimane la possibilit­à di lanciare nella direzione del «ragazzotto» (così ha chiamato ieri Renzi) un’agenda di misure economiche da condivider­e. Ma è una condizione frenata un po’ da una smania di rivincita rispetto a quando fu cacciato nel 2011, un po’ dalla grande preoccupaz­ione rispetto a quello che si vede in giro.

Ad esempio nel rapporto con l’Europa. «Voglio vedere come Renzi riuscirà ad ottenere la flessibili­tà dall’Ue senza dare delle dure riforme in cambio», ha sottolinea­to ieri Berlusconi tra una portata e l’altra. Già, l’Ue. L’Ue che secondo lui «sta compiendo un errore clamoroso nel rapporto con Putin», ha aggiunto spezzando per una volta una lancia nei confronti della «posizione di mediazione della Merkel». L’Ue che, ha sottolinea­to, deve cambiare pelle quanto prima. «Primo, bisogna svalutare l’euro. Secondo, la Bce dovrebbe muoversi come prestatore di ultima istanza. È Francofort­e che dovrebbe finanziare le riforme dei singoli Paesi», ha scandito l’ex Cavaliere.

Ma quando la tavola di Villa san Martino è stata sparecchia­ta, quando le ricette dell’ex premier sull’economia e quelle del cuoco Michele per la domenica d’agosto sono scomparse dal desco, in quel momento — prima del dolce — l’ex Cavaliere s’è lanciato nell’ennesima previsione. «Renzi è più in affanno di quanto non crediate. Non gli faranno fare le cose che vuole...». L’ennesima previsione carica di subordinat­e. La prima delle quali riguarda il rapporto tra Forza Italia e il Pd. E, ovviamente, quello tra lui e Renzi.

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