Ora Obama e Assad bombardano lo stesso nemico
Vuoi
il caso, vuoi la necessità. Resta il fatto che ieri gli aerei Usa in Iraq e quelli di Bashar Assad in Siria hanno colpito il nemico comune: l’Isis. Quattordici le incursioni di droni e caccia statunitensi, una ventina i raid dei Mig siriani. Un’azione quasi simultanea che ha il sapore dell’operazione congiunta anche se non è lo è stata. Sono le circostanze che hanno creato l’asse, almeno in questa parte di un «fronte» mobile dove alleanze e inimicizie mutano a seconda dei momenti. Gli aerei di Damasco, dicono fonti concordanti, hanno preso di mira le postazioni degli islamisti nella cittadina di Raqqa, area nel Nordest del paese dove le brigate jihadiste hanno messo a segno negli ultimi tempi numerosi successi. Molti i depositi d’armi conquistati intatti. Le incursioni dal cielo avrebbero causato la morte di diversi militanti. Danneggiati dei mezzi. E’ evidente che in questa fase, Washington e Damasco si trovano vicine. Devono fermare l’Isis o comunque cercare di rallentarlo nella sua progressione. Sarà interessante vedere quali saranno le mosse di Assad nelle prossime settimane. In passato l’ala morbida (pragmatica) della ribellione siriana ha sostenuto che jihadisti e lealisti hanno evitato — quando hanno potuto — di scontrarsi. E aggiungevano: è interesse del regime avere come avversario i «radicali» per affibbiare a tutti gli insorti l’etichetta di «tagliatori di teste, terroristi, persecutori di cristiani». Secondo questa logica Damasco non avrebbe ostacolato l’Isis proprio per danneggiare la componente moderata. In questi giorni c’è grande apprensione per quello che potrebbe accadere ad Aleppo. I governativi avanzano, stessa cosa fanno i jihadisti. In mezzo ci sono gli altri insorti, preoccupati di essere stritolati. Chiedono aiuto. Il problema è che l’attenzione è altrove. Attorno alla diga di Mosul, sui monti del Kurdistan. Una situazione ideale per Assad che probabilmente tornerà ad attaccare i seguaci del Califfo. Il modo migliore per il dittatore di presentarsi agli occidentali come un partner non ideale ma utile. Del resto la Casa Bianca ha messo da parte — temporaneamente — lo scontro con l’Iran per «salvare» l’Iraq e si è trovata a coprire con i suoi velivoli i guerriglieri curdi del Pkk. Nulla di strano. Tante cose sono cambiate in Medio Oriente e altre cambieranno ancora. Ad una velocità supersonica.