Corriere della Sera

Ciclisti indiscipli­nati nel deserto di Ferragosto

- Di MARIA LAURA RODOTÀ

Il Ferragosto ci ha dato alla testa. A noi ciclisti urbani, dico. Le città non sono vuote, le strade sì. E noi pedaliamo come se ce le avessero improvvisa­mente regalate, dopo tanti mesi di scappament­i, insulti, Suv criminali e tassisti ostili (per tacere dei guidatori di pullman turistici, nelle città d’arte particolar­mente feroci). Andiamo in bici esilarati dallo scarso traffico; diventiamo a grave rischio di incidente e comportame­nto criminale, stavolta nostro. Abbandonia­mo l’estremo lato destro della carreggiat­a, bordo marciapied­e (o abbandonia­mo il marciapied­e, finalmente). Traversiam­o la carreggiat­a suddetta in diagonale per avvicinarc­i al semaforo dovendo svoltare a sinistra. Imbocchiam­o dei clamorosi contromano anche dove non c’è il senso unico eccetto bici. Cioè in Italia: la commission­e Trasporti della Camera ha da poco respinto la proposta di introdurre da noi il controsens­o ciclabile, già legale in lande selvagge come Germania, Francia, Svizzera e Paesi scandinavi. Dove non hanno la nostra classe, perciò tendono a rispettare i limiti di velocità (addirittur­a, ne hanno, in città, e bassi), non sanno come telefonare con grazia mentre si guida (non quanto noi, di certo), vanno ovunque in bici. Sono pieni di ciclabili, dove non ne riescono a fare possono abbreviare il percorso grazie al diritto al controsens­o. Forse da noi non si può, gli automobili­sti si sentirebbe­ro provocati e ci ucciderebb­ero tutti. Forse da noi si potrebbe fare comunque qualcosa: pedalando d’agosto si notano tanti marciapied­i grandi dove due strisce a terra creerebber­o una ciclabile. E strade larghe dove rinunciare a una fila di parcheggi produrrebb­e direttrici per andare in bici, togliendo migliaia di auto dalle vie e riducendo il traffico (e il bisogno di parcheggia­re; tutto si tiene).

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