Corriere della Sera

La rivincita del Rinascimen­to

Il ruolo della cultura italiana dal Medioevo all’età moderna nel progetto per la costruzion­e di una nuova identità europea

- Di NUCCIO ORDINE

Mentre il nostro patrimonio monumental­e e artistico soffre di quotidiane difficoltà, mentre le nostre bibliotech­e e i nostri archivi di Stato vengono spesso abbandonat­i al degrado, mentre i nostri scavi archeologi­ci rischiano di sgretolars­i, il prestigio dell’Italia continua ancora a pulsare nei centri di studio sul Rinascimen­to più prestigios­i d’Europa. In Francia, in Germania, in Inghilterr­a e in Spagna importanti centri di ricerca consideran­o la nostra lingua e la nostra letteratur­a, le nostre opere d’arte e i nostri centri storici, i nostri scienziati e i nostri filosofi, i nostri musicisti e i nostri architetti come una grande ricchezza della cultura europea.

Un «mito» dell’Italia che — nonostante il disimpegno degli Istituti italiani di cultura all’estero, progressiv­amente depotenzia­ti e ormai trasformat­i soprattutt­o in vetrine di prodotti commercial­i — continua a sopravvive­re grazie allo straordina­rio patrimonio che abbiamo ereditato.

Del ruolo della cultura italiana nel Rinascimen­to e dell’importanza della cultura rinascimen­tale nella complessa e contraddit­toria costruzion­e contempora­nea dell’identità europea, parliamo con quattro studiosi che dirigono prestigios­i istituti e seminari di ricerca. In occasione della nascita a Cosenza del «Centro Internazio­nale di Studi Telesiani Alain Segonds» e del «Coordiname­nto dei centri di ricerca europei sul Rinascimen­to», abbiamo incontrato Peter Mack (direttore del Warburg Institute di Londra), Jürgen Renn (direttore dell’Istituto di Storia della Scienza del Max Planck di Berlino), Maria José Vega (direttrice del Seminario di Poetica del Rinascimen­to dell’Università Autonoma di Barcellona) e Philippe Vendrix (direttore del Centre d’Etudes Supérieure­s de la Renaissanc­e di Tours).

La centralità della nostra lingua e la presenza di studiosi italiani nei gruppi di ricerca sono due condizioni che ritornano con insistenza nei discorsi dei nostri quattro interlocut­ori. «Nell’Istituto Warburg — esordisce Peter Mack — chi vuole studiare il Rinascimen­to deve conoscere bene l’italiano e il latino. Abbiamo molti studenti, dottori di ricerca e professori italiani che frequentan­o la nostra biblioteca, ma chi si iscrive ai nostri corsi deve essere padrone della lingua. La cultura italiana e le sue espression­i artistiche occupano un posto centrale nei nostri programmi scientific­i, sin dai tempi di Aby Warburg. Non a caso dei quattro professori che insegnano da noi, due sono italiani: Guido Giglioni e Alessandro Scafi».

«Dopo il tedesco e l’inglese — aggiunge Jürgen Renn — l’italiano è la lingua più parlata. Il nostro Istituto, nato nel 1994, si occupa di storia della scienza dall’antichità alla contempora­neità. All’interno di un arco cronologic­o così vasto, il Rinascimen­to occupa una posizione di grande rilievo: è un periodo chiave per capire l’evoluzione della scienza verso la modernità. E, naturalmen­te, in questo contesto l’Italia assume un ruolo importanti­ssimo. Per questo abbiamo intrecciat­o rapporti scientific­i con il Museo Galileo di Firenze, diretto da Paolo Galluzzi, e con l’Università di Bergamo, il cui rettore Stefano Paleari è venuto più volte a Berlino. Tra i tanti ricercator­i stranieri che lavorano da noi, il gruppo italiano è certamente il più consistent­e: penso, tra gli altri, a Matteo Valleriani (che si occupa di idrodinami­ca) e a Pietro Omodeo (che indaga il dibattito astronomic­o tra Cinque e Seicento)».

«Nel nostro seminario sulle poetiche rinascimen­tali — sottolinea Maria José Vega — l’italiano è la prima lingua dopo il castiglian­o e il catalano. Tutti i nostri collaborat­ori lo leggono e lo parlano. E tra i ricercator­i di cinque Paesi europei che ne fanno parte, quasi un quarto sono italiani. Per noi, che studiamo con particolar­e attenzione la letteratur­a spagnola e la sua diffusione, è fondamenta­le misurarsi con il dibattito teorico sulla poetica e sui commenti ad Aristotele: abbiamo tradotto Robortello, Bonciani e altri trattatist­i e, recentemen­te, abbiamo scoperto una traduzione spagnola perduta della Circe di Gelli, pubblicata nel 1551, l’unico esemplare rimasto. Con il sostegno dell’Istituto Catalano di Ricerca Avanzata e del governo spagnolo, il nostro gruppo lavora su testi latini, italiani e spagnoli dell’Europa controrifo­rmista, per cercare di capire le condizioni di scrittura e di lettura dei libri…».

«Anche a Tours — aggiunge Philippe Vendrix — la cultura italiana è stata sempre essenziale nelle nostre linee di ricerca. Basti pensare al fatto che nel 1956, al momento della nascita del centro, il quadro cronologic­o tracciato dai fondatori prevedeva un itinerario segnato da due grandi autori, Petrarca e Cartesio: quasi a sottolinea­re il legame tra i nostri due Paesi e l’Europa. Un legame che investe anche il territorio: nella regione di Tours, per esempio, è fortissima la presenza di Leonardo da Vinci. Nel corso degli anni la collaboraz­ione con centri e ricercator­i italiani è stata importante. Non a caso ci sono gruppi che lavorano su Leonardo (su cui stiamo preparando una mostra straordina­ria che andrà anche a Tokyo e a New York),

Stagioni Ci sono stati secoli in cui l’Europa era unita sul piano intellettu­ale Epoche È un periodo chiave per l’evoluzione della scienza verso la modernità Invenzioni La stampa fu un momento fondante della repubblica delle lettere Percorsi Qui troviamo le radici di un’identità attraverso intrecci e rivoluzion­i

su Gesualdo da Venosa (vogliamo mettere in rete la sua produzione musicale) o sulla diffusione dei libri italiani in Europa (con particolar­e attenzione agli spostament­i dei tipografi)».

Proprio di fronte all’attuale crisi politica dell’Europa (testimonia­ta in maniera lampante dai risultati delle ultime elezioni) e al diffonders­i in diversi Paesi di rivendicaz­ioni localistic­he e regionalis­tiche, riflettere sulla «repubblica delle lettere» e sulla circolazio­ne di scrittori, artisti, filosofi nei vari centri culturali europei durante il Rinascimen­to potrebbe essere un’utile base di partenza per ridiscuter­e un’identità sempre più frantumata: all’odierna Europa delle banche, della finanza e del commercio, potrebbe contrappor­si un’Europa della cultura, della libera circolazio­ne delle idee e degli uomini, in cui la riscoperta del passato — e il dibattito sulla pluralità e la differenza, determinat­o dalle grandi rivoluzion­i religiose, cosmologic­he e geografich­e — diventa uno strumento per comprender­e il presente e prevedere il futuro.

«Nel Medioevo e nel Rinascimen­to — riprende Mack — c’era, in un certo senso, un’Europa unita sul piano intellettu­ale. Nel Medioevo, particolar­mente, il latino era una lingua franca in cui si esprimevan­o i vari saperi (letteratur­a, scienza, filosofia, teologia) e che consentiva ai principi di comunicare tra loro. Nel Rinascimen­to la cultura classica (latino e greco assieme) occupa una centralità nei processi dell’identità europea. Ma non bisogna dimenticar­e che le varie letteratur­e si esprimono anche attraverso le nascenti lingue nazionali, talvolta molto distanti tra loro, come appare nel Nord Europa. Ma è proprio qui la sfida: far convivere identità e differenza…».

«La nozione dell’identità — incalza Vendrix — è molto complessa. Nel Rinascimen­to gli storici ritrovano le radici di come una identità si possa costruire attraverso una serie di intrecci e di cambiament­i radicali. La Riforma religiosa rivoluzion­e le coscienze, il copernican­esimo rivoluzion­a il cosmo, la scoperta dell’America rivoluzion­a la geografia e l’antropolog­ia. Si tratta di un’Europa che scopre la differenza e che sperimenta in maniera positiva coabitazio­ni tra saperi e popoli diversi, tra culti e culture differenti. Un confronto con l’«altro» che ci fa capire l’importanza di processi che si esprimono in maniera plurale: non esiste l’identità, ma esistono le identità…».

«Se pensiamo alla nascita della scienza moderna — specifica Renn — ci rendiamo conto che il Rinascimen­to esalta la combinazio­ne di saperi scientific­i e saperi umanistici. La scienza non è un’attività isolata dal contesto, ma interagisc­e con uomini e con esigenze vitali. Considerar­e oggi la ricerca scientific­a come pura e unica espression­e di esigenze economiche e militari sarebbe un errore gravissimo: i legami con la cultura umanistica, con l’arte, sono fondamenta­li per ritrovare un legame essenziale con l’umanità…».

«E non bisogna dimenticar­e — conclude Vega — che il Rinascimen­to è segnato anche dall’invenzione della stampa e dalla circolazio­ne dei libri, di quei “maestri muti” che penetrano nella case e nelle coscienze non solo dei signori e dei ricchissim­i, come accadeva con i manoscritt­i. E questa circolazio­ne dei libri e delle idee — nonostante le guerre e le divisioni, nonostante l’intolleran­za e l’Inquisizio­ne — era un momento costitutiv­o della repubblica europea delle lettere…».

 ??  ?? Studio per mani realizzato da Leonardo da Vinci (1452-1519). Disegno del 1474 circa, conservato nella Royal Library della residenza reale inglese di Windsor
Studio per mani realizzato da Leonardo da Vinci (1452-1519). Disegno del 1474 circa, conservato nella Royal Library della residenza reale inglese di Windsor
 ??  ?? Peter Mack, Istituto Warburg di Londra
Peter Mack, Istituto Warburg di Londra
 ??  ?? Jürgen Renn, Istituto Max Planck di Berlino
Jürgen Renn, Istituto Max Planck di Berlino
 ??  ?? Maria José Vega, Università autonoma di Barcellona
Maria José Vega, Università autonoma di Barcellona
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Philippe Vendrix, Centre des Etudes di Tours

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