Napolitano sul Csm: basta ritardi
Lettera contro lo stallo politico sulle nomine. Grasso e Boldrini: richiamo opportuno
Basta ritardi, basta fumate nere. Il presidente Napolitano torna sul tema delle mancate nomine e si rivolge ai presidenti di Camera e Senato: nonostante gli inviti, il Parlamento non ha ancora eletto i due giudici costituzionali che è chiamato a scegliere, né gli otto membri «laici» del nuovo Consiglio superiore della magistratura.
ROMA — Nei mesi scorsi s’era raccomandato con il ministro della Giustizia e col presidente del Consiglio, ma inutilmente: nonostante gli inviti del capo dello Stato, il Parlamento non è riuscito a eleggere i due giudici costituzionali che è chiamato a scegliere, né gli otto membri «laici» del nuovo Consiglio superiore della magistratura. Un nuovo appuntamento è fissato per mercoldì 10 settembre, e per evitare altre «fumate nere» Giorgio Napolitano ha compiuto un passo formale, rivolgendosi ai presidenti del Senato e della Camera. «Confido che entrambi vi adopererete — ha scritto a Pietro Grasso e Laura Boldrini — presso i gruppi parlamentari per conseguire le convergenze tra maggioranza e opposizioni necessarie per il raggiungimento delle maggioranze richieste». E ancora, a sottolineare l’urgenza e di un appello che sembra un ultimatum: «Si tratta di adempimenti non ulteriormente differibili, poiché due giudici della Corte sono cessati dall’incarico il 28 giugno scorso, e il Csm ha concluso il suo mandato il 31 luglio; entrambi gli organi saranno inoltre chiamati ad affrontare, nei prossimi mesi, importanti scadenze».
Più di così, il presidente della Repubblica non poteva fare. E se ha deciso di spingersi fino a una sorta di «messa in mora» del Parlamento, evidentemente, teme ulteriori tentennamenti e rinvii. Com’è successo dopo le esortazioni rivolte al capo del governo e al Guardasigilli. In realtà la questione riguarda Matteo Renzi più nella sua veste di segretario del Partito democratico che di presidente del Consiglio; è il partito, infatti, che deve raggiungere con le altre forze politiche l’intesa che consenta ai candidati di ottenere le «maggioranze qualificate» dei tre quinti dei componenti le assemblee per i giudici costituzionali e dei votanti per i membri del Csm. Finora Renzi non è stato in grado di raggiungere l’obiettivo. Ne è derivata una valanga di schede bianche, che ha già prodotto conseguenze.
L’elezione del presidente della Corte costituzionale per soli tre mesi — Tesauro, votato a luglio, lascerà l’incarico a novembre — è stata giustificata anche con la circostanza che la Consulta non era al completo. Scelta criticabile e criticata, a cui s’è giunti con l’alibi dell’inerzia parlamentare, sostenendo che un presidente di lunga durata debba essere nominato dall’organo nella pienezza del suo organico; una soluzione transitoria, insomma, dovuta all’inadempienza dei partiti.
Il nuovo Csm invece, di cui i giudici hanno già scelto i 16 rappresentanti togati, non s’è potuto insediare a causa del ritardo del Parlamento. Ne è derivata una proroga del precedente, scaduto il 31 luglio, all’interno del quale c’è stata qualche scintilla per il tentativo di accelerare i tempi sulla nomina del nuovo procuratore di Palermo; nomina bloccata da una lettera giunta dal Quirinale nella quale il capo dello Stato (che è pure presidente dell’organo di autogoverno dei giudici ) invitava a coprire prima gli uffici direttivi vacanti da maggior tempo. Ormai alla prossima scadenza mancano solo sette giorni, ma se pure l’appuntamento del 10 settembre dovesse andare a vuoto, il precedente Consiglio potrebbe ricominciare ad affrontare le pratiche pendenti nel pieno dei suoi poteri prolungati; compresa la nomina alla Procura palermitana.
Tuttavia le parole di Napolitano nella lettera a Grasso e Boldrini suonano perentorie: «È indispensabile che le forze politiche rappresentate in Parlamento, benché pressate da
Le scelte Manca l’intesa sui due nomi per la Corte costituzionale e sugli otto laici del Consiglio
numerosi impegni, dedichino nel corso di questa settimana l’attenzione necessaria per compiere le lori scelte e garantire l’esito positivo delle prossime votazioni». E i presidenti di Camera e Senato hanno subito espresso «totale condivisione per il richiamo del capo dello Stato, che rafforza ulteriormente le sollecitazioni» che essi stessi avevano già rivolto capigruppo di Montecitorio e Palazzo Madama.
In totale, deputati e senatori sono chiamati a indicare dieci nomi. Il listino delle quotazioni dei candidati è fermo a prima della pausa estiva, in attesa delle prossime riunioni da dove deve uscire la lista definitiva. Alla Corte costituzionale è previsto che vada un rappresentante scelto dal centro-sinistra e uno dal centro-destra. Tra le ipotesi circolate: Augusto Barbera, Luciano Violante e l’ex ministro Paola Severino da un lato; Donato Bruno, Niccolò Ghedini, Antonio Catricalà, Ignazio La Russa dall’altro. Ma visti i mancati accordi, è possibile che si vada su altri nomi.
Più complessa la scelta degli otto «laici» del Csm; perché la spartizione tra i partiti prevede uno spettro