Fuga con il figlio malato Cade l’ordine d’arresto
La coppia voleva un’altra terapia per il figlio malato di tumore Cameron: mi ricorda il mio Ivan. Dietrofront della polizia
MILANO — Esiste una medicina miracolosa per tutti i bambini malati: la vicinanza e l’amore dei genitori. Non li guarisce, ma sicuramente li fa sentire bene. Oggi il piccolo Ashya, il bambino inglese di cinque anni con un tumore al cervello, ricoverato in un ospedale di Malaga, l’avrà. Ne era stato privato perché papà e mamma, Brett e Naghmeh King, erano stati arrestati e imprigionati a Madrid dopo che lo avevano prelevato dall’ospedale di Southampton, contro il parere dei medici, per portarlo in Spagna, nel tentativo di trovare cure migliori rispetto a quelle ricevute in Gran Bretagna.
Adesso però il Crown Prosecution Service, la procura inglese, ha ritirato il mandato di cattura internazionale e i genitori sono stati liberati, senza altri provvedimenti a loro carico. E ha anche messo a disposizione un oncologo pronto a raggiungere la famiglia in Spagna. Una decisione
La mobilitazione In 200 mila hanno firmato una petizione per chiedere la loro scarcerazione
inevitabile di fronte un caso che ha commosso tutti, David Cameron in prima fila. Il premier inglese, che non parla spesso di quel figlio Ivan colpito da epilessia e da paralisi cerebrale, morto nel 2009, ha detto: «Le fotografie di Ashya mi fanno ricordare il mio ragazzo gravemente malato». Al numero 10 di Downing
Il medico Il governo ha messo a disposizione un oncologo che potrebbe raggiungere il piccolo a Malaga
Street è arrivata una petizione che chiedeva la liberazione dei genitori di Ashya e che ha raccolto oltre 200 mila firme. Il governo ha messo a disposizione dei King un oncologo pronto a raggiungere la famiglia in Spagna.
Il piccolo Ashya è stato operato a Southampton per un medulloblastoma, un tumore cerebrale piuttosto cattivo, e curato secondo gli schemi classici. Ma i genitori hanno scoperto su Internet una terapia d’avanguardia, la radioterapia con protoni che esiste nel Regno Unito ed è gratuita, ma ancora per casi selezionati. Così hanno deciso di andare all’estero: avevano già preso contatti con una clinica nella Repubblica Ceca, dove si pratica questa cura (che in Italia esiste, a Pavia), ed erano disposti anche a volare a Houston, negli Stati Uniti. Il passaggio in Spagna era solo per vendere una casa di loro proprietà e recuperare i soldi per pagare le spese mediche. Ma lì sono stati intercettati dalla polizia, grazie anche alla «caccia all’uomo» sostenuta dai social media.
Così loro sono finiti in prigione a Madrid, a quasi 500 chilometri di distanza da Malaga, e il loro bambino è rimasto solo in ospedale: non sa lo spagnolo e ci si chiede come abbia potuto comunicare con i medici e ricevere conforto. Solo il fratello maggiore Danny (i figli sono sette) ha potuto stare con lui per alcune ore, grazie a un permesso della polizia. Un altro fratello, Naveed, parlando a Channel 4 News, ha denunciato il fatto che i medici non davano informazioni per telefono.
Adesso si comincia a parlare di azioni legali da parte della famiglia nei confronti dell’ospedale di Southampton, come ha annunciato l’avvocato dei King: c’è da sperare che il futuro di Ashya non si giochi nei tribunali, ma in ospedali che lo possono davvero aiutare. L’impressione, però, è che per lui ci sia un po’ poco da fare sul piano medico (sembra di capire che sia al quarto stadio della malattia e già ora è alimentato con un sondino), ed è per questo che, al momento, la sua serenità è il bene più prezioso da salvaguardare.