Adesso i partiti si impegnano: «Ritardo grave, faremo in fretta»
ROMA — «Ha straragione ». Luigi Zanda, capogruppo pd al Senato, sintetizza così gli apprezzamenti piovuti per la strigliata del presidente, Giorgio Napolitano, al Parlamento che ancora non ha nominato i nuovi otto membri laici del Consiglio superiore della magistratura e i due giudici costituzionali mancanti. «Il capo dello Stato ha fatto benissimo a sottolinearlo e ad invitare le Camere a fare in fretta a concludere queste votazioni. Lo dobbiamo fare e molto in fretta». dice Zanda, all’unisono con l’apprezzamento già espresso dai presidenti di Camera e Senato. Ma cosa vuol dire in fretta? «Subito — assicura Zanda — alla prima votazione». Giacomo Caliendo, senatore di Forza Italia ed ex sottosegretario alla Giustizia, sorride: «Cosa penso dell’invito a fare presto del capo dello Stato? Il ritardo c’è. È obiettivo. Non c’è stato il tempo di farlo ad agosto». E ora? «Ora c’è questo richiamo — aggiunge Caliendo — si farà quando i gruppi parlamentari troveranno l’accordo sui nomi. Credo che da domani ( oggi ndr) già cominceranno gli incontri tra i partiti». Ma è proprio necessario che i nuovi eletti siano scelti fra i graditi alla politica? «Siccome per essere eletti serve la maggioranza dei due terzi o la maggioranza assoluta dei voti bisogna mettersi d’accordo — spiega il senatore forzista. La cosa essenziale è capire quanti siano i seggi che spettano a ciascun partito per le elezioni dei membri del Csm. Per i giudici della Corte costituzionale è più semplice: uno spetta alla maggioranza e l’altro all’opposizione. Ma l’accordo deve essere complessivo». «È evidente che se non si è trovata un’intesa è perché i partiti non si sono accordati — evidenzia Pino Pisicchio presidente del gruppo misto alla Camera — ma sono d’accordissimo con il capo dello Stato, bisogna fare presto. Abbiamo avuto tutto il tempo per riflettere. Ora la riflessione deve avere un esito. Andiamo a concludere questa complicata ma necessaria partita». «Del resto — fa notare Pisicchio, che è anche docente di Diritto costituzionale — non è che non ci siano personalità adeguate a svolgere quel ruolo. Tenuto conto, per giunta, che al diventare via via più fragile della politica la Corte costituzionale ha rappresentato un presidio fondamentale». «Non a caso — conclude il deputato del Centro democratico — la riforma elettorale ha trovato il suo “start” proprio da una sentenza della Consulta».