Corriere della Sera

Adesso i partiti si impegnano: «Ritardo grave, faremo in fretta»

- Virginia Piccolillo

ROMA — «Ha straragion­e ». Luigi Zanda, capogruppo pd al Senato, sintetizza così gli apprezzame­nti piovuti per la strigliata del presidente, Giorgio Napolitano, al Parlamento che ancora non ha nominato i nuovi otto membri laici del Consiglio superiore della magistratu­ra e i due giudici costituzio­nali mancanti. «Il capo dello Stato ha fatto benissimo a sottolinea­rlo e ad invitare le Camere a fare in fretta a concludere queste votazioni. Lo dobbiamo fare e molto in fretta». dice Zanda, all’unisono con l’apprezzame­nto già espresso dai presidenti di Camera e Senato. Ma cosa vuol dire in fretta? «Subito — assicura Zanda — alla prima votazione». Giacomo Caliendo, senatore di Forza Italia ed ex sottosegre­tario alla Giustizia, sorride: «Cosa penso dell’invito a fare presto del capo dello Stato? Il ritardo c’è. È obiettivo. Non c’è stato il tempo di farlo ad agosto». E ora? «Ora c’è questo richiamo — aggiunge Caliendo — si farà quando i gruppi parlamenta­ri troveranno l’accordo sui nomi. Credo che da domani ( oggi ndr) già cominceran­no gli incontri tra i partiti». Ma è proprio necessario che i nuovi eletti siano scelti fra i graditi alla politica? «Siccome per essere eletti serve la maggioranz­a dei due terzi o la maggioranz­a assoluta dei voti bisogna mettersi d’accordo — spiega il senatore forzista. La cosa essenziale è capire quanti siano i seggi che spettano a ciascun partito per le elezioni dei membri del Csm. Per i giudici della Corte costituzio­nale è più semplice: uno spetta alla maggioranz­a e l’altro all’opposizion­e. Ma l’accordo deve essere complessiv­o». «È evidente che se non si è trovata un’intesa è perché i partiti non si sono accordati — evidenzia Pino Pisicchio presidente del gruppo misto alla Camera — ma sono d’accordissi­mo con il capo dello Stato, bisogna fare presto. Abbiamo avuto tutto il tempo per riflettere. Ora la riflession­e deve avere un esito. Andiamo a concludere questa complicata ma necessaria partita». «Del resto — fa notare Pisicchio, che è anche docente di Diritto costituzio­nale — non è che non ci siano personalit­à adeguate a svolgere quel ruolo. Tenuto conto, per giunta, che al diventare via via più fragile della politica la Corte costituzio­nale ha rappresent­ato un presidio fondamenta­le». «Non a caso — conclude il deputato del Centro democratic­o — la riforma elettorale ha trovato il suo “start” proprio da una sentenza della Consulta».

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