Corriere della Sera

La falsa partenza del piano Garanzia Giovani Meno del 10% degli iscritti avrà un’opportunit­à

Sul portale del governo 13 mila offerte per 169 mila richieste. I vincoli di Bruxelles

- Fabio Savelli F. Sav.

MILANO — In Veneto cercano un «esperto» contabile rigorosame­nte a partita Iva. Ricapitoli­amo: un esperto (profession­ista), in regime di consulenza, che sia anche disoccupat­o e abbia al massimo 29 anni. In Campania vanno per la maggiore gli operatori di call center con contratto di collaboraz­ione. Parasubord­inati con i soldi comunitari per ricordarci delle ultime offerte degli operatori di telefonia mobile. Per il Piemonte vengono segnalati diversi avvisi relativi al settore delle pulizie, mentre in Lombardia (tra i profili meno qualificat­i) spuntano diversi addetti al reparto ortofrutta con contratto a tempo determinat­o. E poi ci sono i tirocini — perché il programma dello Youth Guarantee prevede anche la possibilit­à di opportunit­à formative — come quello da levigatore di legnami (Veneto), estetista (Piemonte), receptioni­st (Sicilia), commesso di banco (Lazio), barista (sempre Sicilia). Così con lo stage s’impara a fare il caffè, forse anche la granita. A quattro mesi dal lancio del portale governativ­o Garanzia Giovani le registrazi­oni sono oltre 169 mila — secondo l’ultimo dato diffuso dal ministero del Lavoro — su un totale (presunto) di oltre due milioni di inattivi. A conti fatti meno del dieci per cento della platea che s’intende raggiunger­e e con una progressio­ne decrescent­e delle iscrizioni nelle ultime settimane. Si dirà: bene, forse stiamo sovrastima­ndo la disoccupaz­ione giovanile contabiliz­zata dall’Istat al 43,7% . Tuttavia sul portale governativ­o finora campeggian­o circa 13 mila opportunit­à formative/profession­ali. Così a conti fatti solo uno su tredici potrà avere una chance, fosse anche un tirocinio in un centro estetico, quando il modello originario Youth

Il programma

Guarantee (di estrazione nordica) finanziato da Bruxelles con un assegno da 1,5 miliardi di euro impone che a tutti i candidati venga offerta un’opportunit­à entro quattro mesi dalla data di registrazi­one. Il caso vuole gli stessi dalla nascita del portale avvenuta il primo maggio scorso. Il quadro si colora poi di un altro dato interessan­te: secondo i ricercator­i di Adapt, l’associazio­ne fondata da Marco Biagi di diritto del lavoro, oltre il 90% delle offerte

I colloqui orientativ­i Finora i Centri per l’impiego hanno chiamato circa 23 mila candidati registrati al portale per un colloquio di tipo orientativ­o

di Garanzia Giovani sarebbero già state pubblicate dal portale del ministero del Welfare Cliclavoro e dai siti delle agenzie interinali, tra le quali Adecco, Gi Group, Randstad, Obiettivo Lavoro, Kelly Services, Tempor, Infogroup. L’avrebbero riscontrat­o attraverso un lavoro certosino fatto di verifiche con le agenzie private che effettivam­ente avrebbero confermato l’esistenza di selezioni aperte per alcuni profili, esattament­e identici a quelli che campeggian­o su Garanzia Giovani. Finalmente la riuscita sinergia pubblico/privato auspicata anche dal Jobs act in gestazione alle Camere? Non proprio, visto che i centri per l’impiego finora hanno chiamato per un primo colloquio di orientamen­to circa 23 mila candidati, cioè un settimo degli iscritti. E la scadenza dei quattro mesi (dal giorno del colloquio, come richiesto dal governo) incombe alla finestra per tutti i candidati con il rischio che il telefono taccia. Per il giuslavori­sta Michele Tiraboschi è «la conferma del mancato coinvolgim­ento delle aziende che non hanno previsto alcun piano di inseriment­o dei giovani nonostante gli incentivi comunitari». Oppure è solo colpa della crisi che impedisce di guardare al di là del proprio naso? Agasso «Così ho conquistat­o l’America») però lo ha conservato assumendo per la sua azienda solo ingegneri italiani, anzi del Politecnic­o di Torino dove ha studiato: «In California — dice — la richiesta di sviluppato­ri e web designer è maggiore dell’offerta e i nostri sono tra i migliori del mondo». Soprattutt­o c’è la corsa ad accaparrar­si gli informatic­i più talentuosi e la parte del leone la fanno ovviamente i colossi come Google e Facebook. A Palo Alto Loris è però riuscito a creare un team di sviluppato­ri italiani che ora occupano posizioni di rilievo in Riverbed. Tutti, giovanissi­mi, in rampa di lancio per una carriera di primo piano tra i pionieri mondiali dell’hi-tech. Tutti, tranne lui, che è tornato alle origini. Si è appena licenziato per dare vita ad una nuova startup, creando una sorta di spin-off della società da cui è uscito. Ed è partito come sempre: assumendo altri sei ingegneri italiani. Peccato che tutti siano dovuti emigrare in California per realizzars­i profession­almente, ma «qui — dice — non è l’azienda a dettare legge, ma è il profession­ista ad avere il coltello dalla parte del manico». Il potere (negoziale) dei profession­isti della conoscenza in una società (quella Usa) che veleggia sempre più verso i servizi.

nuvoladell­avoro

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